Protesta in consiglio regionale, espulsi e schedati cittadini dei comitati

Mercoledì 29 Marzo 2017 di Alda Vanzan
I comitati "bloccati" in consiglio regionale
1

VENEZIA - Lisetta Marcolin ha 62 anni, è di Treviso e dice di essere una semplice cittadina. Ieri è stata espulsa da Palazzo Ferro Fini per aver fatto confusione, quindi è stata schedata dalla polizia. Chissà cosa diranno i parenti, o le amiche, quando racconterà l'accaduto. Idem Giuseppe Semenzato, 64 anni, di Volpago del Montello, che quando ha consegnato la carta di identità al poliziotto ha scandito: «Guardi che io pago le tasse». Eppure è così che è andata ieri la prima seduta del consiglio regionale del Veneto dedicata alla manovra tributaria che introdurrà l'addizionale Irpef per consentire il completamento della Pedemontana. Lisetta, Giuseppe, l'apicoltore Silvano Lazzarin e un altro gruppo di nonnini hanno pagato il fatto di essere stati in compagnia di un gruppo di giovanotti che, all'interno di Palazzo Ferro Fini, prima hanno aggredito verbalmente i consiglieri regionali accusandoli di rovinare il territorio, poi hanno esibito striscioni contro la Pedemontana.
 
LA PROTESTA - Anziani, semplici agricoltori e attivisti di alcune associazioni contrarie all'infrastruttura avevano assistito in mattinata ai lavori del consiglio dalla sala pubblico, dopo essersi regolarmente accreditati. Quando, a mezzogiorno e mezzo, i lavori sono stati sospesi, i giovanotti sono scesi al pianterreno aspettando di incrociare i consiglieri regionali giusto per urlare il loro no alla Pedemontana. È finita a spintoni, urla, allontanamenti: letteralmente buttati fuori dal palazzo, anche i nonnini. Che, poi, il pomeriggio hanno provato a rientrare per assistere ancora alla seduta, salvo trovare la polizia: tutti (o quasi) schedati. Per la cronaca, i tafferugli hanno innescato scintille anche tra i consiglieri. «È tutta responsabilità tua», ha detto, al culmine degli scontri, il presidente del consiglio Roberto Ciambetti puntando con l'indice il consigliere del Pd, acceso ambientalista, Andrea Zanoni. Che ha risposto annunciando carte bollate: «Ti querelo».
 


LA MOSSA DI ZAIA - Mentre a Palazzo Ferro Fini iniziava la seduta del consiglio (che continuerà anche oggi), dall'altra parte del Canal Grande veniva svelato un progetto di legge statale di iniziativa regionale che la giunta aveva approvato ancora il 14 marzo. La proposta, per scongiurare l'addizionale Irpef, è che il Veneto si prenda 300 milioni dei 500 milioni di un fondo statale a favore delle Regioni per la realizzazione di investimenti. «Chiediamo solo ha detto il governatore Luca Zaia che, per il completamento della più importante opera pubblica in corso in Italia, lo Stato si assuma la responsabilità di utilizzare il fondo nazionale che ha per l'appunto previsto per gli investimenti del Paese». Peccato che le statistiche delle proposte di legge statali di iniziativa regionali siano impietose: una volta arrivate a Roma, spesso e volentieri finiscono in un cassetto e lì rimangono.
TITUBANZA - Chiaro che a Zaia mettere la tassa non è che piaccia granché, specie con l'opposizione che continua a rinfacciargli di aver tradito le promesse elettorali del 2015, quando giurava di non mettere le mani in tasca ai veneti. È così che si spiega anche la retromarcia sull'addizionale che inizialmente non aveva scadenza e doveva garantire un gettito di 220 milioni all'anno; adesso la giunta ha rimediato con un emendamento che limita l'addizionale al solo 2018 (ma i veneti pagheranno nel 2019). Il che significa, però, che non ci saranno più 220 milioni per trasporti, sociale o altro, ma al massimo 55 milioni. Sarà una sorta di tassa di scopo per il solo 2018. Sul dopo, è un capitolo tutto da scrivere. È così che Silvia Rizzotto, capogruppo della Lista Zaia e relatore in aula, ha ripetuto più volte che «la manovra ha natura prudenziale e potrà essere anche rimodulata o revocata se interviene lo Stato». Graziano Azzalin, Pd, correlatore di minoranza, ha calcato la mano sulle «giravolte» e sulle «bugie» di Zaia.
GIOCO DELLE PARTI - Per tutto il pomeriggio maggioranza e opposizioni si sono scambiate accuse.
I tosiani Giovanna Negro e Maurizio Conte: «Troppi dubbi sul percorso burocratico». Il dem Andrea Zanoni: «Sospendiamo il voto, chiediamo un parere a Corte dei conti e Anac sulla nuova convenzione con il concessionario Sis». Ma se al Pd di Stefano Fracasso e al Mdp di Piero Ruzzante la maggioranza ha riconosciuto di aver formulato proposte alternative, anche se poi tutte bocciate, non altrettanto è stato nei confronti del M5s e del suo capogruppo Jacopo Berti. «Vivete di apparenza e non di sostanza - ha detto il capogruppo della Lega, Nicola Finco - A Berti piace solo farsi video, ma non sa neanche cosa dice, in commissione non ha mai aperto bocca». E il vicepresidente Gianluca Forcolin: «Il M5s ha presentato un solo emendamento. E sapete su cosa? Sulla statale Romea su cui la Regione non ha neanche competenza. A scuola avreste preso quattro».

Ultimo aggiornamento: 09:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci