Caso Sauvignon, «Via le mele marce
nessun'ombra sulla qualità del vino»

Lunedì 14 Settembre 2015 di Elena Viotto
Caso Sauvignon, «Via le mele marce nessun'ombra sulla qualità del vino»
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UDINE - Il Sauvignon è un vino d'eccellenza del Friuli Venezia Giulia e tale resta anche dopo l'inchiesta della Procura di Udine per una sospetta sofisticazione del prodotto di alcune cantine.(((viottoe))) È un vino che si può, in sostanza, continuare a bere tranquillamente. Il Procuratore capo di Udine Antonio De Nicolo lo va ribadendo da giovedì, da quando le perquisizioni eseguite dai Carabinieri del Nas di Udine e dal personale dell'Ufficio repressione frodi Icqrf del ministero delle politiche agricole in 17 cantine delle province di Udine e Gorizia, oltre che di Terni e Chieti hanno scoperchiato una vicenda di cui addetti ai lavori e beninformati del settore vociferavano da tempo.



E lo ha sottolineato ancora una volta ieri per fare il punto delle indagini. «È opportuno che gli scandali vengano alla luce, a tutela di tutti, consumatori e produttori» ha chiarito il procuratore, spiegando in sostanza che l'inchiesta punta a individuare eventuali «mele marce che hanno agito al di fuori dei limiti del disciplinare». Con la doverosa precisazione che si sta parlando di un'inchiesta ancora alla fase iniziale delle indagini «i cui atti dovranno poi essere vagliati da un giudice terzo». Ma, allo stesso tempo, che le perquisizioni non sono state fatte a pioggia bensì nei confronti di persone e aziende per cui «sono stati raccolti elementi investigativi serissimi» ancora coperti, in questa fase, dal segreto istruttorio.



L'inchiesta è partita con «tempi brucianti» detta ancora il Procuratore. Il fascicolo è stato aperto e assegnato al pm di turno Marco Panzeri il 3 agosto. «Il primo ingente sequestro (in una delle 17 cantine coinvolte) è stato effettuato il 3 settembre. Il 4 siamo andati a casa dell'enologo e della moglie.(((viottoe))) Poi le risultanze ottenute hanno portato a eseguire il 10 le ulteriori perquisizioni nei confronti di soggetti che erano in contatto con lui - scandisce i tempi - Ci è dispiaciuto che sia avvenuto tutto in coincidenza con l'apertura di Friuli Doc ma abbiamo dovuto accelerare i tempi perché c'era un fondato rischio di una fuga di notizie e avremmo rischiato di vanificare tutto. Ed evidentemente uno degli indagati già sapeva tanto che ha tentato di sottrarre del vino».



Il riferimento è alla cisterna con 120 ettolitri di vino in fermentazione trovata sabato «nell'ultima e decisiva perquisizione» nel capannone dismesso di un'azienda in zona industriale tra Orsaria e Premariacco. «È giusto che ci sia sperimentazione - ha chiosato il Procuratore - ma allora non si può chiamare quel vino Sauvignon e dev'esserci un'etichetta che la indichi. La denominazione di origine controllata "doc" non si appone a casaccio: i vini devono essere prodotti con un determinato procedimento». E l'ipotesi accusatoria è appunto quella che non sia stato seguito alla lettera, con l'aggiunta di un esaltatore degli aromi non previsto dal disciplinare. L'ormai famoso preparato ideato dall'enologo. Un preparato non dannoso per la salute dei consumatori ma il cui utilizzo non sarebbe conforme al disciplinare, hanno chiarito ancora una volta gli inquirenti, facendo l'esempio della pratica usata dagli sportivi per riossigenare il proprio sangue.
Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 08:10

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