VENEZIA - (al.va.) La notizia stavolta è che il Consiglio dei ministri non ha impugnato la legge veneta esaminata nella seduta di ieri mattina. E non era una legge a caso: era la legge regionale numero 7 del 28 febbraio scorso, quella che modificava la legge 15 del 2014 sul Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto. A Palazzo Balbi si erano sempre detti sicuri che la nuova leggina non sarebbe stata impugnata dal Governo: «E cosa dovrebbero impugnare? Che apriamo i seggi dalle 7 alle 23 anziché dalle 7 alle 22? Così ci mettiamo tutti a ridere?», aveva detto lunedì scorso il governatore Luca Zaia, dopo aver firmato il decreto di indizione del referendum. Ma, valendo sempre il detto del mai dire mai, si attendeva il vaglio del Consiglio dei ministri. La leggina, infatti, prevede la possibilità di effettuare il referendum anche senza election day (visto che l'intesa con Roma non c'è stata) con spese a carico della Regione (14 milioni), di tenere aperti i seggi dalle 7 alle 23 e di far precedere la consultazione da una massiccia campagna di comunicazione. Il termine per l'eventuale impugnazione scadeva oggi, ieri c'è stato il via libera. Confermato che si andrà alle urne il 22 ottobre, ora all'appello manca la Lombardia che non ha ancora firmato il decreto di convocazione dei comizi referendari...
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