Rapporto Ispra, il Veneto ha perso il 12% del suolo, si salva solo Belluno

Giovedì 22 Giugno 2017 di Alda Vanzan
Rapporto Ispra, il Veneto ha perso il 12% del suolo, si salva solo Belluno
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VENEZIA - Il Veneto è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, ad avere consumato più suolo di tutte le altre. È quanto emerge dal rapporto dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, presentato ieri alla Camera dei deputati. «Da novembre 2015 a maggio 2016, nonostante la crisi economica che ne ha rallentato la velocità - spiega l’Ispra - l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5 mila ettari di territorio. È come se in pochi mesi avessimo costruito 200 mila villette». Dal rapporto emerge che «dagli anni ‘50 al 2016 il consumo di suolo nazionale è passato dal 2,7% al 7,6%, con una crescita del 184%».
In tutto sono 15 le regioni che hanno perso una percentuale di suolo superiore al 5%. Tra queste Lombardia e Veneto ne hanno perso entrambe oltre il 12%, per la precisione rispettivamente 12,94% e 12,17%. Quella di Monza e della Brianza è la provincia con la percentuale più alta di consumo di suolo rispetto al territorio amministrato (oltre il 40%), con una crescita ulteriore, tra il 2015 e il 2016, di 22 ettari; seguono Napoli e Milano con oltre il 30%, poi Trieste, Varese, Padova e Treviso, dove c’è stato l’incremento maggiore con 186 ettari tra il 2015 e il 2016 e il valore più alto a livello nazionale. Fin qui la classifica nazionale. Ed ecco quella veneta: Padova 19%, Treviso 16,8%, Venezia 14,6%, Verona 13,5%, Vicenza 13,1%, Rovigo 9%, Belluno 3,3%
Tra gli autori del rapporto c’è anche l’architetto padovano Luisa De Biasio Calimani, che ha contestato il principio secondo cui “la saturazione dei vuoti urbani fa bene alla città”: «È un teorema che nega il valore degli spazi sociali, del verde, del tessuto connettivo che si snoda nel costruito e dà senso e valore alla città pubblica vissuta da tutti. I vuoti sono preziosi per la rendita urbana ma anche per il soleggiamento degli edifici, per la qualità del paesaggio urbano, per l’assorbimento dell’acqua piovana che produce inondazioni nei centri edificati anche in presenza di eventi meteorici non eccezionali». Non solo: «La legge nazionale in discussione al Senato e diverse leggi regionali, fra cui quella del Veneto recentemente approvata, non comprendono nella definizione di consumo di suolo quello consumato nei centri urbani - dice De Biasio Calimani - L’Ispra nel Rapporto annuale 2016 fa notare che se venisse usata la definizione approvata dalla Camera che, di fatto, non considera, tra le altre, le trasformazioni all’interno delle aree urbane, si imporrebbe un diverso sistema di classificazione e di monitoraggio che non vedrebbe conteggiati ben 135 km quadrati di superficie (su 250), corrispondenti al 54% del totale dei cambiamenti avvenuti tra il 2012 e il 2015».
Al.Va.
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Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 08:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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