Sindaci in fuga dai piccoli Comuni, 500 euro al mese e troppi problemi

Domenica 21 Maggio 2017 di Angela Pederiva
Sindaci in fuga dai piccoli Comuni, 500 euro al mese e troppi problemi
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Il più piccino è Laghi (Vicenza): 133 abitanti. Ma c’è anche Gosaldo (Belluno): 644. E poi Ferrara di Monte Baldo (Verona): 226. E, ancora, Portobuffolè (Treviso): 755. Potremmo continuare a lungo, in un Veneto disseminato di piccoli Comuni (302 su 576 hanno meno di cinquemila residenti), pochi elettori e tanti problemi, bilanci piuttosto ristretti e magari zero candidati. Quest’anno è successo a Cencenighe Agordino (Belluno), 1.311 anime di cui nessuna disposta a correre per la guida del municipio alle prossime elezioni amministrative, visto fra l’altro che un’indennità mensile di 900 euro lordi è troppo bassa, in un paese senza disoccupati. «Per fare i sindaci oggi bisogna essere dei folli, perché le responsabilità sono troppo alte rispetto ai compensi: lo fai per spirito di volontariato, sapendo che ci rimetti del tuo», riflette Sabrina Graziani, prima cittadina di Soverzene (Belluno, 389), mentre si appresta a concludere il suo primo e ultimo mandato.
Amministrare un Comune come il suo, a 500 euro netti al mese, significa poter contare su quattro persone: due impiegate e due operai, punto. Il servizio tecnico è in convenzione con l’Unione Montana Cadore Longaronese Zoldo (di cui Graziani è presidente senza stipendio aggiuntivo), la polizia locale non esiste («per ovviare alla mancanza di contravvenzioni stradali utilizziamo i rallentatori, ma bisognerà che la prossima amministrazione si doti di un agente almeno per far rispettare il regolamento sui fitosanitari»). La situazione non è molto diversa a Danta di Cadore (Belluno), 463 abitanti con un saldo naturale negativo, «da inizio anno una sola nascita e sette decessi, fra cui quello del tuttofare del municipio», racconta il sindaco Ivano Mattea. Così va a finire che l’unico vigile urbano in servizio fa anche l’autista per lo scuolabus e due volte alla settimana, quando al pomeriggio è in riposo, viene sostituito al volante dallo stesso primo cittadino. Gratis, ovviamente. «Grazie al volontariato – spiega Mattea – abbiamo salvato materna e primaria, ma non possiamo continuare così. Ho fatto l’amministratore negli anni ‘90, era tutto diverso. Ne ho parlato con gli altri miei colleghi eletti nel 2014, nessuno di noi intende ripresentarsi nel 2019. Ci sentiamo maltrattati. Aggregazioni con gli altri Comuni? Finché posso, le evito: in paesi di montagna come il nostro, sono troppi dieci chilometri per andare a fare una carta a Santo Stefano, ad Auronzo o a Comelico Superiore».
Forse è anche per questo che, dal 1994 ad oggi, in Veneto si sono realizzate solo sette fusioni. «Meglio puntare sulle convenzioni per singole funzioni, come facciamo noi per polizia locale, scuole e protezione civile: generano risparmi e non intaccano le identità territoriali», sottolinea Giada Scuccato, prima cittadina di Pozzoleone (Vicenza, 2.775 residenti), fino a pochi mesi fa presidente della consulta di Anci Veneto per i Comuni di minore dimensione demografica («tante chiacchiere ma pochi fatti, a Roma non importa niente di noi»). Così per trovare un sindaco soddisfatto bisogna salire a Lastebasse (Vicenza, 208): Emilio Leoni è stato eletto per la prima volta nel 1995. Il segreto della sua longevità amministrativa? «Confinare con Trento: ogni anno per questo riceviamo 500mila euro, soldi con cui realizziamo opere pubbliche che altrimenti non potremmo nemmeno sognarci di fare».
Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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