Sì alle fusioni tra Comuni, ma chi le ha provate si dichiara deluso

Lunedì 12 Dicembre 2016 di Natascia Porcellato
Due sindaci della Valbrenta
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Quale futuro per i Comuni? Secondi i dati elaborati da Demos e pubblicati oggi all’interno dell’Osservatorio sul Nord Est del Gazzettino, la maggioranza relativa guarda con favore (42%) alle “fusioni di Comuni”, mentre è il 32% a preferire le operazioni di “unione”. Il 22%, invece, ritiene che tutto debba restare così com’è. D’altra parte, la stragrande maggioranza (77%) vive in realtà non toccate da queste iniziative, mentre una quota contenuta risiede in un Comune che fa parte di un’unione o che si è fuso con altri municipi (16%). I giudizi espressi da questi ultimi sugli effetti nelle loro realtà locali non sono particolarmente positivi: non sembrano essere migliorati i servizi (47%) e non è stata percepita una diminuzione delle spese (60%) o delle tasse locali (71%). 
Il dilemma “unione di Comuni o fusione di Comuni” in questi anni si è posto con forza agli enti locali. Respinto l’ultimo tentativo di imporre la fusione ai Comuni con meno di 5.000 abitanti, resta il problema di un sistema di municipi frastagliato e sempre più in affanno a causa dei trasferimenti sempre più ridotti e degli organici progressivamente inadeguati date le assunzioni sempre più difficili. Solo nel 2016, ci sono state 29 fusioni di Comuni: 4 in Emilia-Romagna, 2 in Lombardia, 3 in Piemonte, 2 in Veneto e 18 in Trentino-Alto Adige. Dal 2013 ad oggi, si contano 62 Fusioni che hanno coinvolto 153 Comuni. 

Che dei cambiamenti vadano effettuati è chiaro anche all’opinione pubblica del Nord Est. Infatti, è una minoranza - il 22% - a ritenere che le cose vadano lasciate così come sono. Sono soprattutto persone tra i 55 e i 64 anni (26%), in possesso della licenza media (26%) e residenti in Comuni con meno di 15mila abitanti (28%). Dal punto di vista professionale, invece, sono operai (29%) e studenti (48%) a orientarsi maggiormente per il mantenimento dello status quo.
Il 32% giudica l’Unione di funzioni o servizi, con il mantenimento delle singole municipalità, la formula migliore. In questo caso, oltre alle persone in possesso di un alto livello di istruzione (42%), sono i giovani under-25 (58%) ad essere più propensi per questa ipotesi, ma le percentuali si collocano al di sopra della media anche tra le persone tra i 25 e i 44 anni (36%). Professionalmente, osserviamo un favore trasversale che vede insieme casalinghe (55%) e liberi professionisti (50%), imprenditori e lavoratori autonomi (45%), studenti (40%) e operai (36%).
È la fusione di Comuni a raccogliere il consenso della maggioranza (relativa, 42%) degli intervistati. In questo caso, a sostenere la strada della vera e propria aggregazione sono soprattutto gli adulti (oltre 45 anni, 46-52%), quanti hanno conseguito la licenza elementare (52%) e gli impiegati (49%). 
La stragrande maggioranza degli intervistati (77%), però, vive in realtà non interessate da unioni o fusioni. E tra questi, solo una minoranza vorrebbe il proprio Comune coinvolto in un’unione (14%) o come parte di una fusione (15%): la gran parte, infatti, preferisce lasciare le cose come sono oggi (45%).
Il 16%, infine, vive in municipi che sono già coinvolti in unioni o che hanno fatto delle fusioni. Il bilancio dell’esperienza, però, non sembra particolarmente positivo. Il giudizio sui servizi appare controverso, con un sostanziale equilibrio tra chi ha percepito un loro miglioramento post-Unione o Fusione (46%) e chi no (47%). Più netta, invece, l’idea che tasse locali (71%) e spese (60%) non siano diminuite a seguito di questi cambiamenti.
Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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