«Io, due giorni senza sapere nulla della mia famiglia, poi le macerie»

Lunedì 5 Novembre 2018 di Raffaella Gabrieli
«Io, due giorni senza sapere nulla della mia famiglia, poi le macerie»
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BELLUNO - Per due giorni non ho avuto notizie dei miei bambini. E del mio compagno. E intanto scrivevo, non potevo fare altro che riportare quanto stava accadendo tra quelle montagne. Le mie montagne.



E soltanto mercoledì pomeriggio, tra mille peripezie, sono riuscita a salire da Belluno verso Colle Santa Lucia, dove vivo da diversi anni. E una volta arrivata a casa, ho potuto rendermi conto di quanto era avvenuto: questo paese di poche centinaia di residenti, arrampicato a quasi 1500 metri di quota, era a pezzi, come la mia abitazione, con il tetto da rifare. Sono stati tre giorni terribili, che non auguro a nessuna mamma.

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A Belluno non riuscivo ad avere notizie di Oscar, il mio compagno: il suo cellulare era irraggiungibile, e anche la linea fissa non dava segnali. Non è stato facile, per me, restare incollata al computer col pensiero ai miei bambini, al loro padre. Momenti drammatici: e in effetti tutto l'Alto Agordino era tagliato fuori dalle comunicazioni.


 

E solo grazie al prefetto Francesco Esposito e ai carabinieri sono riuscita a mettermi in contatto con Oscar: e quando l'ho sentito, sono scoppiata in lacrime: era da due giorni che non sapevo più nulla.
Domenica (28 ottobre, ndr) ero scesa a Belluno per lavoro, ma poi a causa della fortissima pioggia e delle frane non sono riuscita a risalire a Colle. E mi sono fermata a dormire in albergo. Lunedì sono tornata al lavoro, nel pomeriggio si scatena la tempesta. Ho provato ripetutamente a chiamare casa. Tutto inutile. E la preoccupazione mi tormentava, ma non avevo scelta. Dovevo aspettare: ero bloccata a Belluno. Martedì altro giorno di lavoro. Altri innumerevoli tentativi di mettermi in contatto con la famiglia. E scopro che il paese è uno dei più colpiti dal disastro: è isolato non solo telefonicamente, ma anche dal punto di vista della viabilità. E non posso tornare a casa. Martedì, dopo una giornata di lavoro, ero disperata. Ho chiesto informazioni ai soccorritori, ho chiamato il mondo. Anch'io devo ringraziare prefettura e carabinieri per essere riuscita a contattare la mia famiglia: per me è stata la fine di un incubo, stavano tutti bene, anche se provati. La casa è danneggiata, mio marito ferito, la piccola anche. Ma stavano bene. E solo mercoledì pomeriggio riesco a raggiungere Colle Santa Lucia e riabbracciare tutti. Per me è stata come una liberazione, ma solo allora mi sono resa conto delle conseguenze di questo uragano.
ISOLATADa cronista avrei voluto riferire tutto ai miei colleghi, ma era impossibile mettermi in comunicazione con la redazione: telefoni e internet erano fuori uso e le strade peggioravano di ora in ora. E dovevo anche preoccuparmi della casa, con il tetto irrimediabilmente danneggiato. E di tranquillizzare i miei due bambini. Solo ieri ho potuto mettermi in contatto senza interruzioni con il resto della provincia, e con la redazione: qui vigili del fuoco, Soccorso alpino, Protezione civile, hanno lavorato tutto il giorno per far fronte alle emergenze. Innanzitutto si è completata la copertura degli edifici, tantissimi quelli danneggiati. Anche il municipio ha richiesto molte ore di lavoro. E poi sono stati messi in sicurezza alcuni stabili pericolanti come i fienili. E molti alberi sono ancora in bilico a ridosso delle strade, e ci vorrà del tempo per poterli tagliare, senza ovviamente considerare la situazione dei boschi.
VOLONTARI IN AZIONEInsomma, un paese sconvolto, ma qui la gente si sta dando da fare. E i volontari stanno dando una grossa mano. Nella sede comunale il centro operativo è tuttora aperto, affiancato da quella che alcuni ristoratori del posto e tanti volontari hanno trasformato in una vera e propria mensa dove accogliere, al caldo, chi si trova in prima linea nell'affrontare la situazione. Resta il problema della corrente elettrica, non ancora attivata in tutte le frazioni. E in parte quello delle linee telefoniche e internet non pienamente a regime. Le strade circostanti restano ufficialmente chiuse anche se in realtà, a proprio rischio e pericolo, la gente ha iniziato a percorrerle ugualmente. Un modo per tentare di tornare alla normalità. 
Il peggio è passato. Sì, deve essere così. Ora è tempo di ricostruire.
 

Ultimo aggiornamento: 12:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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