Le storie di chi richiede asilo: «Mi sacrificavano a un idolo»

Domenica 20 Agosto 2017 di ​Gianluca Amadori
Le storie di chi richiede asilo: «Mi sacrificavano a un idolo»
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Molti lamentano di essere stati perseguitati per motivi politici o religiosi e di essere fuggiti dal proprio Paese per evitare di essere incarcerati, torturati, uccisi. Altri spiegano di essere scappati in quanto omosessuali, e dunque in pericolo; oppure perché finiti nel mirino dello stregone del villaggio. E ancora di essere stati minacciati di morte nel corso di liti familiari per motivi di eredità; di avere alle calcagna i killer prezzolati dal padre della fidanzata rimasta incinta. Qualcuno, infine, ammette di aver attraversato il Mediterraneo a bordo di un barcone semplicemente per sottrarsi ad una povertà non più sopportabile, alla ricerca di una vita migliore. C'è un mondo di storie, di sofferenza e disperazione, forse anche qualche fantasiosa invenzione, dietro ai tanti racconti raccolti dai componenti della Commissione territoriale di Verona per il riconoscimento della protezione internazionale, quella che si occupa delle istanze per tutto il Veneto e Trentino Alto Adige. Ogni giorno sono decine e decine i richiedenti asilo che vengono ascoltati, anche attraverso le sezioni locali istituite presso le varie prefetture, e le loro storie, trascritte compilando un modulo standard, vengono utilizzate, assieme agli altri pochi elementi disponibili, per valutare se i profughi sbarcati in Italia hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, e dunque un permesso di soggiorno in Europa per motivi umanitari.

RICHIESTE NEGATE - Gran parte delle richieste presentate sul territorio nazionale - circa il 60 per cento, stando ai dati forniti dal ministero dell'Interno - viene respinta in sede di prima istanza dalle varie Commissioni territoriali perché i racconti sono contraddittori e incredibili, oppure perché le situazioni riferite nulla hanno a che fare con persecuzioni politiche o religiose, o con situazioni di guerra, o comunque di pericolo concreto di vita. Molti dei migranti presentano quindi ricorso davanti al Tribunale (Venezia è quello competente per il Veneto) e mediamente un terzo di loro si vede dare ragione.

VIOLENZE SESSUALI - Gran parte dei richiedenti asilo sono uomini. Le donne sono poche, ma le loro storie, se possibile, sono le più tristi. Storie di stupri, di figli uccisi per ritorsione, vendetta. Aza (tutti i nomi citati nell'articolo sono di fantasia) ha 30 anni e arriva dal Camerun. È fuggita perché il fidanzato faceva il giornalista e nel periodo delle elezioni furono pubblicati articoli con informazioni sgradite al governo. Dopo l'uccisione di un collega, la coppia cambia città e casa. Ma non basta: un commando di tre persone a viso coperto li trova: lei viene violentata; lui picchiato e uno dei figli ucciso. Inizia il viaggio della speranza fino alle coste della Sicilia dove la donna sbarca con il solo figlio sopravvissuto. E ora spera di poter restare.
 
MOTIVI RELIGIOSI - Obike, 26 anni, arriva dalla Nigeria. Ai funzionari della prefettura racconta di una setta che intimoriva il suo villaggio e della sua decisione di fuggire per il timore di essere ucciso. Anche Antony, 27 anni, è nigeriano: dopo la morte del padre, capo del culto, rifiuta di diventare sacerdote al suo posto, poiché si è convertito al cristianesimo. Gli viene data una settimana per decidere e lui fugge per evitare morte sicura. Poi c'è Kumi, 25 anni, e proviene dal Ghana: il suo destino era quello di essere sacrificato ad un idolo, ma riesce a scappare dalla finestra e far perdere le sua tracce.

POLIZIA COMPRATA - Più di un migrante riferisce di polizia al servizio del potente di turno, pronta a chiudere un occhio su efferati delitti; anzi ad arrestare chi si presenta a denunciarli. Lo racconta Amir, 37 anni, pakistano, fuggito per sottrarsi agli agenti. Così come Saad, 35 anni, suo connazionale, al quale non viene consentito di denunciare il tentato omicidio di cui resta vittima: a sparargli, riferisce, sono alcuni trafficanti di droga che, dopo aver ucciso padre e zio, vogliono il terreno di sua proprietà. Ma anche Ike, 30 anni, africano del Gambia, è costretto a fuggire per evitare che la polizia lo arresti per un reato non commesso.

LA POLITICA - Kamal, 27 anni, spiega di essere stato costretto a scappare dal Bangladesh perché minacciato da esponenti del partito al governo i quali avevano saputo del suo voto per gli antagonisti. Il suo connazionale Faruk, 21 anni, è responsabile giovanile del partito di opposizione: viene arrestato, picchiato e accusato di reati che giura di non aver mai commesso. Non appena rimesso in libertà inizia il lungo viaggio verso l'Europa, passando per Dubai e Libia. Igie, 22 anni, nigeriano, sostiene di essere finito nei guai per avere speso male 40 mila euro a lui affidati per sensibilizzare al voto gli elettori locali. Il voto per rinnovare il sindaco non va come dovrebbero e lui deve scappare, dopo percosse e minacce. Ebo, ventenne del Gambia, cerca invece di darsi alla politica dopo che il padre militare viene imprigionato, ma riceve minacce e si dà alla fuga.

EREDITÀ CONTESE - Omo, 21 anni, nigeriano scappa in Europa dopo essere stato aggredito e accoltellato di notte da 6 emissari inviati dalla matrigna che non vuole consegnargli alcuni terreni che erano del padre. Anche Kato, 31 anni, africano del Togo, è vittima di un'azione punitiva: i fratellastri non accettano la divisione ereditaria stabilita dal capo villaggio e lo feriscono gravemente. Mosi, 19 anni, del Gambia racconta, invece, di essere dovuto fuggire perché minacciato dai familiari del nuovo capo villaggio, in relazione ad un terreno che il padre voleva acquistare. I terreni contesi sono motivo ricorrente di liti e di giustizia sommaria anche in Pakistan: Mahmoud, 35 anni, riferisce le minacce di morte ricevute dallo zio, che non vuole dargli la parte di eredità che gli spetta. 

LADRI DI SCARPE - Le storie di povertà sono le più numerose. Lamine, 22 anni, senegalese viene arrestato per un furto che sostiene di non aver commesso. A deporre contro di lui sono un paio di scarpe, lasciate nel negozio svaligiato: sono le sue («In Africa una persona viene riconosciuta dalle scarpe»). Ma lui giura di essere stato a sua volta derubato. E fugge. Denis, 22 anni, nigeriano, racconta di aver intrapreso il viaggio della speranza perché, dopo essere uscito dall'orfanotrofio, la sua vita consisteva nel rovistare tra i rifiuti. Mansour, 24 anni, pakistano è sbarcato in Italia perché povero, senza casa, senza soldi per acquistare vestiti.

RADIO LIBERA - Ousman ha 22 anni e proviene dal Gambia. Faceva lo speaker in una radio, ma finisce nei guai per la troppa musica, trasmessa anche nel giorno dedicato alla religione, e per i dibattiti sui problemi del Paese. La fuga è l'unico modo per evitare l'arresto, racconta. Per tutti l'Europa è la possibilità di una nuova vita. Un sogno.
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