Eutanasia ai malati terminali
A Nordest due su tre dicono sì

Mercoledì 25 Novembre 2015 di Natascia Porcellato
Eutanasia ai malati terminali A Nordest due su tre dicono sì
19
“Quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede”: secondo quanto analizzato da Demos per l’Osservatorio sul Nord Est, il 65% dei rispondenti si dichiara moltissimo o molto d’accordo con questa affermazione. Guardando alla serie storica, possiamo vedere come il dato sia sostanzialmente stabile rispetto al 2014, ma è dal 2007 che la percentuale si mantiene stabilmente oltre il 60%.



In ordine di tempo, l’ultima battaglia è quella di Max Fanelli, marchigiano malato terminale di SLA. Poco più di un mese fa, infatti, ha scritto alla Boldrini per ribadire l’urgenza di un intervento del Parlamento: finché non verrà calendarizzato il disegno di legge, sospenderà le cure. Il timore è comprensibile dato che in Italia si parla di legge sul “fine-vita”, senza giungere ad una sintesi legislativa, da oltre 10 anni. Il dibattito riaffiora ciclicamente, spesso stimolato da persone già segnate da gravi malattie degenerative e costrette a questa ulteriore battaglia, come in passato Giovanni Nuvoli o Piergiorgio Welby, solo per citarne alcuni. Oppure viene rilanciato da genitori come Beppino Englaro, che ha affiancato alla lotta contro il dolore per la perdita di una figlia, il combattimento contro uno Stato che non gli concedeva di lasciar andare Eluana con la dignità che lei stessa aveva chiesto.



Eppure l’opinione pubblica del Nordest sembra essere in larga misura d’accordo con il grido di dolore che si è levato e si leva ancora da queste persone. Il 65% degli intervistati di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della provincia di Trento, infatti, ritiene giusto che un medico possa aiutare un malato terminale sofferente a morire, se questo lo richiede. Oltre al largo consenso che converge su quest’idea, colpisce la stabilità di questo orientamento. Se tra il 2002 e il 2005 la percentuale si attestava intorno al 57%, successivamente abbiamo visto una decisa estensione del sostegno all’eutanasia. Nel 2007, infatti, il dato sale fino al 67% e si mantiene stabilmente sopra il 60% fino ad oggi, quando si ferma al 65%. È poi da sottolineare come il sostegno all’introduzione della “dolce morte” all’interno del nostro ordinamento giuridico non scenda in (quasi) nessun settore sociale sotto la soglia della maggioranza assoluta. Considerando il fattore anagrafico, ad esempio, vediamo che il favore maggiore arriva dai giovani under 25 (70%), da quelli di età compresa tra i 25 e i 34 anni (77%) e dagli adulti tra i 55 e i 64 anni (75%).



Guardando invece al livello di istruzione, poi, emerge come siano soprattutto le persone in possesso di un diploma o una laurea a mostrare il sostegno più ampio verso la “dolce morte” (71%), mentre chi è in possesso di un livello di istruzione medio si attesta intorno alla media dell’area (64%).

Se consideriamo la pratica religiosa, invece, vediamo che tra i non praticanti il favore verso l’eutanasia arriva all’86%, mentre tra quanto si recano saltuariamente in Chiesa il dato si ferma al 70%. Segnaliamo, però, che il favore verso la “dolce morte” riguarda anche la maggioranza (52%) di quanti vanno a Messa assiduamente. Politicamente, infine, vediamo che il favore verso l’eutanasia raggiunge il 75% tra i sostenitori della Lega e del M5s, mentre tra gli elettori del Pd si ferma poco sotto (72%). Quanti guardano ai partiti minori e gli incerti mostrano un consenso intorno al 59%, ma è nell’elettorato di Forza Italia l’unico caso in cui si scende sotto la soglia della maggioranza assoluta (46%).

© riproduzione riservata
Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 09:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci