Tenere chiusi centri commerciali la domenica: «Battaglia di civiltà e tradizione»

Sabato 20 Ottobre 2018 di Paolo Guidone
Tenere chiusi centri commerciali la domenica: «Battaglia di civiltà e tradizione»
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«Quella contro le aperture domenicali è una battaglia di civiltà, per le nostre tradizioni e per il nostro territorio e Mario Monti se ne farà una ragione». Non poteva essere più esplicito l'assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato, intervenuto a sostegno della richiesta di mettere un freno alle aperture domenicali di negozi e centri commerciali, espresse da Fisascat Cisl Veneto durante la tavola rotonda organizzata dal sindacato ieri al Centro Cardinal Urbani di Mestre, a cui hanno partecipato associazioni di categoria e consumatori. «Abbiamo persone costrette a lavorare la domenica a danno degli affetti familiari ha proseguito Marcato mentre noi vogliamo uno sviluppo economico che abbia anche contenuti etici, quindi i centri commerciali vanno razionalizzati e se un Comune ne vuole uno sul proprio territorio ci deve essere il via libera dei Comuni confinanti sui quali poi si scaricano inquinamento e traffico supplementari».
 
IL DECRETOUn tema caldo che torna di stretta attualità dopo l'annuncio del Governo di voler superare il Decreto Salva Italia che nel 2011 ha liberalizzato il comparto del commercio, che in Veneto conta circa 300.000 addetti. Di questi, il 18,6% risulta coinvolto nel lavoro domenicale. «È arrivato il momento di superare la liberalizzazione degli orari - ha spiegato Maurizia Rizzo, segretaria generale Fisascat Cisl Veneto perché ha cannibalizzato e fatto morire il commercio di prossimità, ha causato la perdita di posti di lavoro spostando i fatturati sulla grande distribuzione obbligando i lavoratori a condizioni impossibili. Sono 7 anni che combattiamo il Decreto Salva Italia, abbiamo promosso un ricorso al Tar, uno al Consiglio di Stato, una raccolta di firme, un referendum e per questo pensiamo che la Regione debba riappropriarsi della delega in materia di orari di apertura dei negozi e stabilire una rotazione e una programmazione delle aperture domenicali».
LIBERALIZZAZIONEUna posizione, quella di Fisascat Cisl, in piena sintonia con quella espressa ieri da Confesercenti Veneto. «Ci dicevano che le liberalizzazioni avrebbero fatto crescere il Pil, l'occupazione ed i consumi ma i dati dimostrano che non è stato così, anzi è successo il contrario ha ricordato il direttore Maurizio Franceschi perché subito dopo il Salva Italia c'è stata una brusca caduta dei consumi e 55.000 imprese commerciali hanno chiuso. A fronte di 40.000 nuove assunzioni, per lo più precarie, nel commercio la liberalizzazione ha provocato la perdita di 70.000 addetti. Ci sarà un buon motivo se nei paesi più moderni e sviluppati i negozi la domenica rimangono chiusi».
La richiesta di chi si oppone alle aperture domenicali illimitate è dunque quella di restituire agli enti locali il compito di programmare le aperture domenicali e avviare una concertazione locale tenga conto delle diverse esigenze dei territori, come ad esempio di quelli a maggiore vocazione turistica. Ma nelle parole dei relatori si è colta anche la consapevolezza che tornare semplicemente indietro di un decennio non sarebbe più possibile. Nel frattempo le abitudini dei consumatori sono mutate, con 19 milioni di acquirenti domenicali e l'e-Commerce in continua evoluzione. Lo sa chi durante la tavola rotonda di ieri si è assunto l'ingrato compito di rappresentare la voce della grande distribuzione. «Tornare indietro non avrebbe senso e provocherebbe un esubero di 30.000 unità ha sottolineato Pierluigi Albanese, delegato regionale di Federdistribuzione - e poi è illusorio pensare che la riduzione del numero di aperture domenicali possa portare una immediata rinascita dei centri storici, perché i modelli di consumo sono cambiati».
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