Il dialogo secondo Scola, speranze e malesseri dell'Occidente

Sabato 15 Aprile 2017 di Paolo Navarro Dina
Angelo Scola
4
È una vera e propria sfida. L’occasione per riflettere sul quotidiano nel tentativo di immaginare un futuro. Ma questo è ricco, anche troppo, di interrogativi. E uno su tutti. C’è speranza per il Cristianesimo? Per il messaggio di Cristo in un mondo distratto dalla tecnologia, dalla “digitazione” continua su ogni tipo di computer (tablet, smartphone, etc). E ancora l’Occidente è in grado - o meglio è capace - di affrontare le grandi crisi, in primo luogo, quella dell’emigrazione, oppure quella dell’accoglienza e del multiculturalismo?

Angelo Scola, già Patriarca di Venezia, Arcivescovo di Milano, lombardo della provincia di Lecco, prova ad offrire alcune risposte da uomo di religione e pure da “cittadino del mondo”. Ed è proprio in questi giorni per i tipi di Marsilio Editore che il cardinale di Malgrate, classe 1941, ora alle soglie dei 76 anni, ha dato alle stampe “PostCristianesimo?” con un sottotitolo che già rende bene il percorso che l’arcivescovo meneghino intende fare con il lettore: “Il malessere e le speranze dell’Occidente”.

Ed è partendo da queste riflessioni che Scola, si propone di indagare nel presente. Al centro dei pensieri vi è un tema che ha sempre contraddistinto l’azione del cardinale milanese: i rapporti con il mondo dell’Islam e con le trasformazioni caotiche, contraddittorie. se non addirittura ostili di una parte del mondo musulmano verso l’Occidente.
È nota la sua posizione che, in più occasioni e con varie esperienze Scola ha portato avanti negli anni e che lo stesso porporato ha riassunto nel concetto di “meticciato”, termine delicato, non facilmente comprensibile e che, secondo i detrattori, non appare nemmeno convincente. E proprio di fronte ai critici che sottolineano il rischio di una “incomprensione”, Scola reagisce, consapevole però delle difficoltà, anzi del “travaglio” che accompagna la società in questo primo scorcio di Terzo Millennio. Ma laddove c’è “travaglio”, c’è transizione per una via che possa portare al miglioramento sociale.
Possibile? Nella prima parte del volume, l’esame della realtà contingente dimostra preoccupazione, timore, ma sia pure in termini molto puntuali e mai sopra le righe, Scola sottolinea la crisi della rappresentanza politica, il “babelismo” del mondo dell’informazione spingendosi - lui uomo di fede - ad indicare anche il rapporto del cristiano con il mondo laico. Situazioni non facili se poi tutto va calibrato (o difeso) dalla “pretesa universale” dell’Islam che fa contraltare al declino dell’Occidente. Ed è qui che Scola lancia il suo messaggio invitando al dialogo e sottolineando la disponibilità a “cambiare” che non può essere a senso unico - cioè da una solo direzione (anche perché potrebbe far balenare il concetto di “sottomissione”), ma è, e deve essere, plurale e che coinvolga tutte le parti in gioco. E in questo senso senz’altro la parte più corposa, ma anche quella più suggestiva e intensa del volume di Scola che si trasforma quasi in appello: che la religione non sia animata dalla violenza. Punti centrali che si vanno ad assommare alla seconda parte del volume, quella dove Scola si rivolge ai fedeli (ma in realtà a tutti, ovviamente) ribadendo la “contemporaneità” del messaggio cristiano e come spetti al cristiano essere protagonista nella società. In pratica: essere in grado di continuare ad essere se stessi. In poche parole: essere testimonianza.
Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 10:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci