«Mio figlio da 10 mesi in galera in Sri Lanka e non si sa nulla di lui»

Lunedì 18 Febbraio 2019 di Susanna Salvador
Antonio Consalvo
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PORDENONE - L'unica certezza è che Antonio Consalvo, trentatreenne pordenonese, si trova in carcere in Sri Lanka, dallo scorso aprile, dopo essere stato arrestato perché aveva con sé della marjiuana. Rinchiuso in uno stanzone con un'altra ottantina di detenuti nella capitale Colombo, senza alcun contatto con l'esterno, tantomeno con i parenti. A fare da tramite tra lui e il resto del mondo è un avvocato del posto, al quale lo stesso Antonio ha affidato l'incarico di difensore. «È lui a portargli da mangiare - racconta la mamma del 33enne, Graziella Catania -, perché il carcere non fornisce il cibo ai detenuti. I pasti se li devono pagare». Ed è proprio la mamma a lanciare un appello affinché le autorità italiane - dall'Ambasciata alla Farnesina - si interessino all'accaduto in modo più pressante. «Sono dieci mesi che aspetta il processo - racconta la donna -: ogni mercoledì lo chiamano per l'udienza, gli confermano lo stato di fermo e lo rimandano in cella senza aver fatto nulla». Una situazione  drammatica, viste anche le condizioni nelle quale è costretto a vivere il pordenonese. «Devono dormire a turno, perché lo spazio è minimo per ottanta persone e non possono stendersi a terra tutte insieme. Le condizioni igieniche non sono ovviamente delle migliori, tanto che durante la detenzione ha contratto un'infezione. La sola idea di quello che potrebbe capitargli mi fa venire i brividi. E non potergli parlare, non sapere come sta è come vivere un incubo. Da giorni non ho sue notizie...». 

LA VICENDA
Antonio Consalvo aveva trascorso qualche mese in Thailandia, Paese che ama e che conosce abbastanza bene e dove, come aveva detto alla sorella, aveva trovato un lavoro. Lo scorso aprile la decisione di rientrare in Italia, a Pordenone: l'aereo fa scalo a Colombo ed è proprio nell'aeroporto della capitale dello Sri Lanka che il pordenonese viene sottoposto a un controllo e la Polizia locale gli trova addosso della marjiuana. Poca cosa, secondo la madre, praticamente poco più di quella che in Italia sarebbe considerata dose a uso personale e quindi senza nessuna ripercussione in ambito penale. Ma nello Sri Lanka la lotta alla droga passa anche per leggi (e pene) severissime, compresa la pena di morte in caso di grandi quantità di sostanze stupefacenti. Fortunatamente questo non è il caso di Antonio, che comunque è stato arrestato e rinchiuso in una cella con decine di altri detenuti, nessuno dei quali italiano, costretto a vivere in condizioni che di umano non hanno nulla.

L'AMBASCIATA
Graziella Catania ha appreso dell'arresto del figlio dall'ex marito e subito dopo ha contattato l'ambasciata italiana in Sri Lanka. Ed è grazie alle mail inviatele dai funzionari che è riuscita a sapere dove era il figlio e perché era stato arrestato. Poche notizie, certo, ma quanto bastava per tranquillizzare almeno un poco una madre che si trova a migliaia di chilometri di distanza dal figlio, rinchiuso nel carcere di un Paese straniero. Da un po' di tempo, però, anche questo canale si è spento. Graziella ha allora contattato l'avvocato del figlio, servendosi di un programma di traduzione simultanea perché devono comunicare in inglese, lingua che la donna non conosce. E da qualche giorno non riesce nemmeno ad avere un collegamento con il legale, la qual cosa l'ha gettata nel panico. La Farnesina, dal canto suo, ha risposto che l'unica cosa che può fare è quella di mantenere i contatti con l'Ambasciata. Una spirale dalla quale la donna non riesce a uscire e che la costringe a vivere in una sorta di incubo quotidiano. «Chiedo solo di sapere come sta mio figlio, perché non è stato ancora processato, quando potrà tornare a casa. Ma non so a chi chiederlo, cosa fare ancora per avere sue notizie. È mio figlio, sono sua madre. Non posso non sapere nulla di lui».
 
Ultimo aggiornamento: 11:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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