Gaiatto, ​viaggio sospetto a Dubai. «Era solo un rimborso»

Giovedì 20 Settembre 2018 di Cristina Antonutti
Gaiatto, viaggio sospetto a Dubai. «Era solo un rimborso»

PORDENONE - Due viaggi a Dubai, uno nell'arcipelago delle Seychelles e un altro ancora alle isole Maldive. Negli ultimi mesi Fabio Gaiatto e Najima Romani hanno scelto mete esotiche per i loro viaggi. Sono paesi dove non c'è l'estradizione e dove avrebbero potuto trovare rifugio. Sono sempre tornati nella loro casa padronale di via Bassa a Portovecchio, nonostante fossero consapevoli che la Guardia di finanza stava indagando sull'attività della Venice Investment Group e che avrebbero dovuto confrontarsi con la giustizia. L'attenzione dei finanzieri si è però concentrata su un viaggio programmato per Ognissanti, tra poco più di un mese. La meta, ancora una volta, sarebbe stata Dubai. Di sicuro non era un tentativo di fuga, perchè oltre al biglietto elettronico d'andata, nelle mail di Gaiatto è stato trovato anche il ticket per il ritorno. Per gli investigatori poteva essere una pista interessante, dove  cercare il tesoro della Venice, la settantina di milioni di euro che tremila risparmiatori del Nordest hanno affidato a Gaiatto convinti che i suoi investimenti nel mercato valutario avrebbero fruttato rendimenti mensili fino al 10%. Invece sono rimasti vittima di una truffa milionaria.
A svelare il motivo dei viaggi a Dubai - in particolare del viaggio programmato a fine ottobre - è l'avvocato Maurizio Miculan. «Il viaggio a Dubai non era stato organizzato da Gaiatto e dalla Romani - spiega - Si tratta di due biglietti elettronici di andata e ritorno emessi da Emirates a titolo di rimborso per i disservizi patiti dalla coppia durante il viaggio fatto a Dubai lo scorso Capodanno. A causa di un ritardo avevano perso una coincidenza e la compagnia aerea li ha risarciti emettendo i biglietti gratuiti ritrovati nella posta elettronica dalla Finanza».
Ed è proprio puntando sui viaggi fatti all'estero della coppia che i difensori - Miculan per Najima Romani, gli avvocati Luca Ponti e Loris Tosi per Gaiatto - cercheranno di dimostrare al Tribunale del Riesame di Trieste che l'esigenza cautelare del pericolo di fuga non è mai esistita. «È insussistente - osserva Miculan - I visti sui passaporti dimostrano che sono andati in Paesi dove non c'è l'estradizione. Erano viaggi di svago, fatti alla luce del sole, se avessero voluto sottrarsi all'indagine non sarebbero tornati. Invece è a Portogruaro che c'è il loro centro di interessi, sia economici sia affettivi, ed è a Portogruaro che sono sempre tornati».
Anche Ponti fa notare che Gaiatto, pur consapevole che la Guardia di finanza stava indagando sulle sue società, è sempre rientrato in Italia. Nelle esigenze cautelari individuate dal gip Rodolfo Piccin il pericolo di fuga - per Gaiatto e Romani - è stato sottolineato dal fatto che entrambi hanno interessi economici in Slovenia e in Croazia, dove hanno anche immobili. Avrebbero pertanto potuto «far perdere le tracce». Anche questo passaggio sarà motivo di contestazione quando le difese chiederanno ai giudici del Riesame di Trieste di annullare l'ordinanza di custodia cautelare o di ridimensionare le misure del carcere (Gaiatto) e dei domiciliari (Romani). «Fossero andati in Croazia o Slovenia - osserva Miculan - sarebbero stati riconsegnati alla giustizia italiana».
Entro domani - ultimo giorno utile per le istanze - si avrà il quadro completo circa i ricorsi al Tribunale della libertà.

La maggior parte degli indagati si sta preparando ad attaccare i provvedimenti cautelari ottenuti dalla Procura di Pordenone. Già dalla prossima settimana potrebbero essere fissate le udienze.

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