Electrolux, operai di nuovo in strada «Serve un piano che azzeri gli esuberi»

Martedì 25 Settembre 2018 di Davide Lisetto
Electrolux, operai di nuovo in strada «Serve un piano che azzeri gli esuberi»
PORDENONE - I lavoratori del Gruppo Electrolux sono tornati in strada. Dopo la grande battaglia del 2014 per salvare la loro fabbrica che allora rischiava di chiudere - e se si esclude uno sciopero di categoria per il contratto nazionale - lo sciopero di ieri è stato una sorta di test dopo gli anni più difficili. Anche la protesta di ieri si legava a una battaglia nazionale: lo sciopero (due ore per turno, la mattina e il pomeriggio) è stato organizzato in contemporanea al presidio che il sindacato nazionale dei metalmeccanici ha organizzato a Roma davanti alla sede del ministero dello Sviluppo economico. Motivo della protesta? Chiedere al governo il reinserimento della cassa integrazione in caso di chiusura di aziende o di ristrutturazione aziendale: ammortizzatori sociali che sono spariti già nel 2015 con il Jobs act. La loro scadenza, come quella dei contratti di solidarietà applicati nei piani di crisi, mette a rischio nel Paese migliaia e migliaia di posti di lavoro. In provincia le situazioni a rischio sono anche in Lavinox, Nidec-Sole e Imat di Fontanafredda.
IL GRUPPONell'ambito della mobilitazione nazionale, Fim, Fiom e Uilm hanno scelto il Gruppo Electrolux per una sorta di sciopero-simbolo: nella società svedese il piano di riorganizzazione è scaduto e stanno per esaurire anche gli ammortizzatori mentre ci sono ancora situazioni di difficoltà. In particolare nello stabilimento di Solaro (Milano), mentre a Forlì e Susegana le cose vanno meglio. Porcia è in una situazione ancora diversa: avanzano solo sei mesi di contratti di solidarietà, ma il traguardo da raggiungere per poter usufruire di una nuova tornata di ammortizzatori per un quinquennio (stante le norme attuali) è l'agosto del 2020. Quasi due anni, dunque, da gestire con soli sei mesi di ammortizzatore. Il sindacato chiede dunque un piano che eviti licenziamenti anche quando saranno scaduti gli ammortizzatori. Gli operai di Porcia hanno organizzato un'assemblea, presenti i vertici di Fim, Fiom e Uilm provinciali. Sono poi usciti (circa 150) in Pontebbana per organizzare sit-in e volantinaggio. In alcuni momenti la strada è stata bloccata: si sono formate lunghe code di auto e camion in entrambe le direzioni. Quattro ore complessivamente, tra i due turni, in cui le linee della fabbrica sono rimaste ferme senza produrre un solo elettrodomestico.
IL MESSAGGIOLa protesta arriva a un paio di settimane dall'incontro ministeriale del 9 ottobre dove il gruppo scandinavo presenterà un nuovo piano industriale per il prossimo triennio. Un piano che il sindacato ha fortemente chiesto. La situazione più critica è quella della fabbrica di Solaro (Milano) dove a fine anno finisce ogni forma di ammortizzatore e si rischiano licenziamenti. Anche per Porcia c'è il rischio di 80, 90 esuberi. Che però dipendono dai volumi produttivi. Maggiori volumi (magari traghettati dalla Polonia, anche se l'azienda ha già spiegato che non è un'operazione facile) consentirebbero di azzerare gli esuberi. Per questo il sindacato, oltre che su investimenti, chiede maggiori garanzie e certezze sui volumi produttivi. Insomma, la partita è aperta: se la norma sugli ammortizzatori non cambierà al tavolo di confronto si potrebbe aprire la partita degli orari. Lavorare a sei ore eviterebbe i licenziamenti, ma senza ammortizzatori il salario sarebbe ridotto. Insomma, una nuova sfida che si apre in un'azienda che in passato è stata spesso apri-pista con accordi-pilota a livello nazionale.
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