Computer smarrito e l'Uti decurta lo stipendio ai vigili

Martedì 28 Agosto 2018
Computer smarrito e l'Uti decurta lo stipendio ai vigili
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MONTEREALE VALCELLINA - È illegittima la trattenuta sullo stipendio senza il consenso del dipendente. A stabilirlo è stato il giudice Angelo Riccio Cobucci nell'ambito di una causa di lavoro promossa da una agente della Polizia locale del Comune di Montereale Valcellina contro l'Uti delle Valli e Dolomiti friulane. Al centro della vicenda vi è un autovelox marca Eltraff-Velo Ok, di cui è andato perso il computer. In quali circostanze sia stato smarrito o sia sparito l'apparecchio, non è mai stato chiarito. Ma per la vigilessa e il collega sottufficiale le conseguenze sono stati pesanti, perché nella sanzione disciplinare l'Uti ha incluso anche il risarcimento da parte dei due dipendenti stabilendo che il computer valeva 4.500 euro (oltre all'Iva). Dal settembre 2016 nella busta paga  sono cominciate le decurtazioni mensili di 100 euro, che sarebbero cessate soltanto quando nelle casse comunali sarebbe entrati 2.750 euro per ciascun agente.
«Una cifra abnorme trattenuta in modo arbitrario», osservano gli avvocati Laura Martin e Stefano Brandimarte, che per conto della vigilessa si sono mossi contro l'Uti e Comune di Montereale, a loro volta difesi dall'avvocato Enrico Cleopazzo. È davanti al giudice che è stato possibile arrivare a una conciliazione. Anche perchè il perito incaricato di stabilire il valore del computer, ha fornito quattro diverse prospettazioni: fosse stato nuovo, l'autovelox sarebbe costato 2.500 euro; l'intera apparecchiatura, ormai datata, adesso avrebbe un valore di 1.800; il computer smarrito potrebbe valere tra i 1.500 e 2.000 euro se fosse nuovo, ma se si tiene conto del deprezzamento dovuto alla vetustà, la cifra scende tra gli 800 e 1.200 euro. Insomma, alla vigilessa veniva chiesto di pagare (per quanto riguardava la sua parte) oltre il doppio del valore dell'intero autovelox)
Tra le parti è stato raggiunto un accordo: la vigilessa deve risarcire soltanto 850 euro. A quel punto, il giudice ha invitato le parti a trovare un'intesa anche sulle spese di lite, considerato che la lavoratrice costretta a rivolgersi al Tribunale per far cessare il prelievo illegittimo, ha dovuto sostenere spese per tutelarsi con i propri avvocati. L'Uti ha innalzato un muro: non intendeva rifondere neppure parzialmente la dipendente comunale. È stato il giudice a condannare l'Unione territoriale a rifondere le spese di lite, quantificate in 3 mila euro.
La causa di lavoro ha fatto emergere che non solo il risarcimento quantificato dall'ente pubblico fosse sproporzionate, ma Uti e Comune non potevano nemmeno trattenere la somma dallo stipendio della vigilessa senza il consenso della stessa o un titolo esecutivo emesso dall'autorità giudiziaria. La causa - specifica il giudice nelle sue motivazioni - poteva essere evitata con una «semplice perizia di stima del valore del danno, nonché astenendosi dall'arbitraria trattenuta stipendiale».
C.A.
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Ultimo aggiornamento: 13:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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