«Io, affascinato dalle tradizioni dei miei nonni». Il regista Sammarco porterà il suo lavoro alla Venice Film Week

A germogliare di tappa in tappa è "Sorta nostra" il film girato in Puglia con i nonni paterni di Uggiano Montefusco, frazione del comune di Manduria

Sabato 19 Agosto 2023 di Iris Rocca
Michele Sammarco

CASALSERUGO (PADOVA) - Miglior documentario all'Edera Film Festival di Treviso, premio del pubblico all'Euganea Film Festival, secondo premio all'IsReal festival di cinema del reale e tante proiezioni dentro e fuori lo stivale. Ora lo sbarco a Venezia nella casa del cinema in occasione di Venice Film Week, per una proiezione il 23 agosto. Continua a mietere successi Michele Sammarco, il regista di Casalserugo, classe 1991. Per lui, documentarista impegnato, non si contano più i terreni su cui ha seminato la conoscenza del suo affezionato mondo contadino: festival del cinema europeo di Lecce, Ischia film festival, Anafi in Grecia, CinemaAmbiente di Torino. Selezioni di prestigio all'Hotd Docs di Toronto, il festival di documentari più importante al mondo, e Dok Leipzig in Germania, dove era l'unico italiano in competizione. A germogliare di tappa in tappa è "Sorta nostra" il film girato in Puglia con i nonni paterni di Uggiano Montefusco, frazione del comune di Manduria. Per questo giovane padovano dal sangue tarantino, l'occhio è sempre stato rivolto al mondo contadino. Se nei primi tre lavori, Questo sono io (2015), Maria vola via (2018), Il monte interiore (2020), la sua macchina da presa si è rivolta al territorio veneto, ora lo sguardo si è diretto a sud, per un racconto a sei mani con i nonni Maria e Michele.

Le tematiche del film

«Abbiamo realizzato insieme un lavoro nel quale emergono tematiche quali l'abbandono, la fine del ciclo della vita dell'uomo e della campagna - riassume brevemente Michele Sammarco - È un documento molto importante per me e tutti coloro che condividono questa storia, comune a molti nelle sue emozioni.

Sorta nostra è un abbraccio a mio papà, che più di trent'anni fa ha lasciato la sua terra e famiglia». Nel film, la coppia di ottuagenari abituata a lavorare duramente vede i valori agricoli e la propria eredità andare perduti per la prossima generazione, tra olive mature che non vengono raccolte e giovani disinteressati a farlo, senza possibilità di appello a nessuno. La loro è un'analisi schietta e dolorosa su spreco e pigrizia, tempo che passa e clima che cambia. Se gli ulivi sono l'orgoglio di nonno Michele, cresciuti insieme alla famiglia che hanno sfamato, ora le olive sono a terra e le mani che li hanno piantati, segnate dal duro lavoro, incrociate durante il racconto di fianco al camino, tra istantanee commoventi di un passato italiano provato dalla cronaca dell'esodo rurale, raccontato tra i fornelli e le passeggiate. Una narrazione raccolta dallo sguardo tenero del nipote, che in 20 minuti ha trasmesso il suo affetto consapevole.

I tanti ruoli

Per lui, diplomato in Regia cinematografica alla Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti dopo la laurea in Arti Visive allo Iuav, il titolo in cui riconoscersi è quello di filmmaker «perché ho imparato a fare tutto da me - confessa - Autore, regista, cameraman, montatore, ma anche la distribuzione e fino a poco tempo fa la produzione. In Sorta nostra sono stato aiutato da Intervallo Film, che produrrà il lungometraggio di cui mi sto occupando ora». Ha partecipato ad una residenza d'artista in Puglia a Faeto, sul punto più alto dei monti della Daunia, dove si trova l'unica minoranza francoprovenzale dell'Italia meridionale. «Di questo racconto sto completando il montaggio e cercando sostegni per la post produzione». Se il presente lo vede impegnato nel Laboratorio di Storia Orale dell'Università di Padova e come esperto formatore audiovisivo nel progetto Cinema e Immagini per la Scuola del Mic, il futuro di Michele Sammarco continua a profumare di odori passati, «di credenze e tradizioni». 

Ultimo aggiornamento: 16:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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