Tony Gallo e la street art: «Così faccio parlare i muri di Padova»

Mercoledì 30 Novembre 2022 di Marco Miazzo
Tony Gallo, classe 1975

PADOVA - I muri di Padova parlano e dicono tantissime cose. Sempre di più. Se la città negli ultimi anni è diventata una vera capitale della street art il merito è anche di Tony Gallo, l’artista padovano che ha regalato ai suoi concittadini numerose opere.

Partendo dall’Arcella, il suo quartiere, è diventato un artista internazionale. Gira il mondo ma non dimentica mai da dove ha iniziato. 

Cosa l’ha portata all’arte? 
«La mia prima forma di espressione artistica è stata la musica, da cui ho divorziato quando la mia band si è sciolta. Ho iniziato a disegnare proprio perché cercavo un modo alternativo per esprimere la mia creatività. Ho cominciato dalle tele proponendomi come semplice pittore, ma con il tempo capisco che dovevo richiamarmi al mio contesto d’origine: la cultura street dello skateboard e la break dance. Così ho iniziato a lavorare sui muri, fino a capire che quel modo di esprimere il mio talento era arte». 

Per un artista di strada la città è come una tela. Che rapporto ha con Padova?
«Prima di scegliere un muro devo capire l’ambiente circostante per interagire con educazione. A Padova sono sempre stato molto delicato, perché è la mia città e qualsiasi opera fatta qui è pensata per essere un dono ai miei concittadini. Le mie opere raccontano il forte legame con la città, in particolare quando lavoro all’Arcella amo l’idea di contribuire a riqualificare il mio quartiere. È il caso di “Liberi di Volare” sui silos del cavalcavia Borgomagno, un’opera che mi è stata chiesta dai miei concittadini, contribuendo a costruire la mia identità di artista padovano». 

Interagire con l’ambiente con educazione. Che significa?
«Capire l’ambiente dove si va ad inserire un’opera è importante per poter lasciare un messaggio a chi la guarderà. Quando interagisco con un posto voglio raccontare una storia, questo smuove le persone e per me è una grande soddisfazione. C’è poi il lato della riqualificazione: con l’arte cambi il volto della città. Per esempio ho fatto un intervento in via Santa Lucia, un angolo sporco di Padova in cui si bighellonava e si creava disagio. Quell’opera ha riqualificato la zona poiché si è creato un costante via vai di gente che andava a fotografare il muro. È stata fatta illegalmente, però poi Padova ne è stata grata». 

La street art è passata dall’illegalità all’essere sempre più richiesta...
«Con il tempo la street art si è distaccata dall’illegalità tendendo a commercializzarsi perché piace alla gente, ma questo non è per me un problema perché ci metto sempre la faccia in quello che faccio, non faccio nulla di illegale e anche se fosse cercherei di essere educato. Essere richiesti sul mercato non vuol dire svendersi, nei lavori su commissione accetto temi e proposte ma non scendo a compromessi che potrebbero condizionare le mie scelte artistiche». 


Perché nelle sue opere i soggetti umani assumono sembianze animali? 
«Nella mia vita ho amato molto i miei animali domestici, ho adottato due gatti che hanno saputo raccontarmi moltissimo di quello che sono. Loro hanno ispirato i miei personaggi, ho cominciato a travestire i miei soggetti da animali fantastici per dire che come si può provare amore per una persona lo si può provare per un animale. Poi nel mio percorso ho cominciato a cucire addosso ai miei soggetti delle fiabe affinché raccontassero delle storie». 


I suoi personaggi raccontano storie emozionanti eppure hanno volti inespressivi...
«La mia arte deve suscitare emozioni. Quello che viene raccontato dalle mie opere non è quello che si vede fuori ma quello c’è dentro ai miei soggetti, voglio che le mie opere lascino spazio alle emozioni interiori senza che ci sia un segnale esterno. Il sorriso è banale, spesso sorridiamo ma dentro non stiamo bene. I miei personaggi danno la possibilità di guardare in profondità».

 
Che significato ha la casetta per uccelli presente spesso nei suoi lavori?
«Tante volte faccio quella casetta che pur essendo troppo piccola per contenere i personaggi può essere uno spazio intimo che li tiene al riparo, è come un vestito piccolo che metti lo stesso anche se ti sta stretto. Nelle mie opere c’è sempre qualcosa che tiene stretti i personaggi, probabilmente quella casetta rappresenta il rapporto affettivo che ho con la mia famiglia». 


Cosa ha ispirato la sua ultima opera “Secret Garden”, il parcheggio alle Porte Contarine? 
«In questo ultimo lavoro ho richiamato degli elementi di Padova. L’opera si ispira al tappetto fiorito di Palazzo della Ragione e alle vetrate colorate e fiorite dell’Orto botanico. Ho inserito anche una gabbietta aperta che raffigura il mio percorso di artista: partendo da Padova ho portato le mie opere in tutto il mondo, ma trovo sempre un momento per tornare a casa». 

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Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 10:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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