Nozze, il figlio e poi l'ictus: Roberta ​è morta dopo 30 anni in coma

Sabato 15 Settembre 2018 di Germana Cabrelle
Roberta Piantella
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PADOVA - Trent’anni in stato vegetativo, assistita giorno e notte dalla madre. Che pur di stare con la sfortunata figlia aveva, fin dal primo giorno di quell’interminabile calvario, trasformato la propria abitazione in un ospedale, in cui andavano e venivano medici e infermieri. L’anno scorso la mamma aveva persino festeggiato il compleanno della figlia, bloccata nel letto. Giovedì il momento del loro distacco: Roberta Piantella, 54 anni, di Villa del Conte, è morta in silenzio. Vicino a lei, come sempre, mamma Silvana. «Roberta se ne è andata serena - sussurra commossa la madre, eroina di tutta questa lunga storia, intrisa di sofferenza, pazienza e sacrificio, durata trent’anni - ed io le ero accanto come sempre ho fatto, fin dal primo giorno»
 

Da quel lontano 1988, infatti, è stata Silvana ad accudire giorno e notte la figlia Roberta, con l’amore e la dedizione che solo una madre sa dare. Trent’anni, un’enormità, incredibile anche solo a pensarli, così dilatati nel tempo uno dopo l’altro, come i granelli di un rosario: giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, scanditi ad ogni stagione. Roberta e Silvana, quasi in simbiosi, hanno passato la loro vita insieme e vicine: una assiduamente presente ad assisterla, l’altra supina sul letto. Tra loro comunicavano con il movimento delle palpebre. E tanta dolcezza, premura, sensibilità.
Nel 1988 un ictus aveva colpito Roberta, era neo mamma di Andrea, ma già vedova, perché un destino crudele si era subito accanito con lei, proprio nel momento in cui la vita dovrebbe invece sorridere ed elargire speranze. La morte di Roberta è sopraggiunta l’altra sera dopo che il suo fisico, già duramente provato, si era ulteriormente affaticato in seguito ad un infarto sopraggiunto un paio di mesi prima, il 9 luglio scorso.
I MOVIMENTI
Più di metà della sua vita, Roberta l’ha trascorsa immobile in un letto, ma talvolta veniva sollevata e messa a sedere su una carrozzina, per qualche ora. In un certo senso un modo per “liberarla” da quella sua, obbligata posizione supina: seduta, finalmente, tra i suoi cari.
Così come era successo il primo novembre dello scorso anno, in occasione del suo cinquantaquattresimo compleanno, che aveva festeggiato attorniata dai parenti più stretti: il figlio Andrea e la sorella Daniela, il fratello Roberto, i genitori Silvana e Mario, ma anche il medico di famiglia, le assistenti sociali e le infermiere che la seguivano. Come regali fiori in vaso e pigiami nuovi. Una festa di compleanno con tanti significati, primo fra tutti un inno all’amore sconfinato della mamma Silvana. Che interagiva con la figlia ponendole domande a cui Roberta rispondeva muovendo le palpebre. Quel giorno, davanti alla torta, Silvana le aveva chiesto se era felice per la festa di compleanno e Roberta aveva chiuso e aperto gli occhi più volte.
IL VALORE DELLA VITA
«Quando qualcuno mi chiede se sono favorevole all’eutanasia rispondo di no - aveva detto Silvana in occasione del compleanno della figlia - anzi mi arrabbio, perché da cristiana do valore al dono inestimabile della vita, che dà e toglie solo Dio. Noi non abbiamo alcun potere su di essa. La condizione di mia figlia ha sicuramente un significato nei disegni imprescrutabili di Dio e anche la mia assistenza a lei. Quando chiedo a voce alta a mia figlia - aveva sottolineato - se è contenta di essere qui con me, lei mi risponde sbattendo gli occhi e sorridendomi. Dunque, quando io la vedo tranquilla, a mia volta sono tranquilla, perché so che sto facendo la cosa giusta».
Germana Cabrelle
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Ultimo aggiornamento: 20:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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