Sono 114 i negozi chiusi in centro. A soffrire sono le vie meno affollate

Domenica 2 Dicembre 2018 di Mauro Giacon
Sono 114 i negozi chiusi in centro. A soffrire sono le vie meno affollate
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PADOVA - A leggere i numeri dell’ultima indagine Confesercenti sullo stato di salute dei negozi del centro viene spontanea una considerazione. Il commercio a Padova tiene, basta con i lamenti. Ma è anche vero che se la piantina non sarà innaffiata (leggi parcheggi e meno tasse) rischia di appassire. Se anche un gigante come la Rinascente se ne va per gli affitti troppo alti che cosa dovrebbero fare i piccoli? Quello che fanno: resistere. Dunque se il centro non è una teoria di serrande abbassate lo dobbiamo a imprenditori coraggiosi, perchè non è un marchio che rende attrattiva la città.
 
APERTI
Ed è così che in due anni, dal 2016 al 2018, su 1101 locali censiti in 42 vie dello shopping, l’89,6 per cento è rimasto aperto. Ma sul campo di battaglia sono caduti 114 negozi, il 10,4 per cento del totale. Significa che esistono radici solide. Ma come dicevamo vanno coltivate dalla politica. Si vede subito che «serve un progetto complessivo di rilancio delle vie commerciali, perchè soffrono soprattutto i negozi del centro storico fuori dal percorso Via Roma-Piazza Garibaldi» annota il presidente di Confesercenti, Nicola Rossi. «Via San Francesco, via Dante, via Battisti, è qui il vero commercio da rilanciare, le vie dello shopping non possono essere solo quelle dell’asse tra via San Fermo e via Roma».
LE VIE REGINE
Via Roma è la “regina” con 57 negozi di cui 27 di abbigliamento. Segue piazza delle Erbe con 52 di cui 43 alimentari. Ma via Altinate e via San Francesco, pur meno frequentate, ne hanno 41 e 36. Via del Santo 22 e via Battisti 20. Via Umberto svetta per i pubblici esercizi, 16, seguita da via del Santo e piazza dei Signori (15)
L’osservatorio, con cadenza annuale, ha fotografato 1.101 locali al pian terreno, in 41 vie e piazze commerciali dentro le Mura del ‘300. I negozi sono quasi il 58 per cento, i bar il 17. «Un patrimonio economico rilevante - continua Rossi - con un volume di affari nell’ordine dei 600 milioni di euro con almeno 2.600 addetti senza contare i lavoratori a chiamata e l’indotto. Ma i locali chiusi sono un numero non indifferente.
LA COMPOSIZIONE
Il centro cittadino ha ben 191 negozi di abbigliamento, 101 botteghe alimentari, 344 negozi di altri settori, 102 bar, 44 ristoranti, pizzerie, 40 gioiellerie, 38 tra enoteche, take away, pizzerie per asporto, 6 hotel, 30 attività di parrucchiera, 31 agenzie immobiliari, 20 ottici ma anche 12 agenzie di viaggi, un arrotino e 7 sartorie.
LE PERDITE
Rispetto al 2016 i locali passano da 1.105 a 1.101, Diminuiscono i negozi di abbigliamento (-9) aumentano quelli di alimentari (+2) diminuiscono anche i negozi non alimentari con meno 8 per i negozi di tappeti, -4 per i negozi di accessori mentre crescono quelli di cosmetici e di calzature. Nei pubblici esercizi il saldo è di +1 ma calano i bar (-4). Solo in 20 vie su 42 c’è stato movimento, ma solo in 10 casi i negozi sono aumentati.
I negozi complessivamente passano da 644 a 636 con un saldo negativo di 8. I locali chiusi passano da 111 a 114 (+0.4%) ma la riflessione va fatta sulle vie commerciali della città. Il maggior numero di negozi chiusi lo troviamo in via San Francesco (13) seguito da via Battisti e via Dante con 9; 8 locali chiusi ci sono in via Umberto, seguita da via Zabarella e via Del Santo con 7. Se si vanno a vedere le modifiche rispetto al 2016 scopriamo che in via San Francesco i locali chiusi sono aumentati di 5 unità e di 4 in via Filiberto.
LA STRATEGIA
«Concentrare gli eventi nelle aree centrali della città impoverisce ulteriormente l’attrazione delle vie limitrofe. Un’attenta programmazione si rende necessaria. Da tempo sottolineiamo la necessità di spostare gli interventi da piazza Garibaldi e via Roma alle vie verso la basilica del Santo o verso l’area ovest della città. Vanno trovati strumenti e fatti investimenti idonei a valorizzare le varie vie commerciali più in difficoltà, penso a via San Francesco dove evidentemente il Museo della medicina non ha ancora un’ attrattività sufficiente. Occorre ridefinire un piano complessivo di sviluppo commerciale per i consumatori creando veri e propri poli di attrazione culturale e commerciale nelle vie più in difficoltà. Dobbiamo ridare fiducia e opportunità - chiude Rossi - a tutte quelle attività commerciali e di servizio che non vogliono mollare».
Ultimo aggiornamento: 09:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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