Padova fa muro contro Bagnoli
​Giordani: «Basta migranti»

Giovedì 10 Agosto 2017 di Paolo Francesconi
Sergio Giordani
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PADOVA - Sono lontane appena 38 km (24 in linea d'aria), ma la distanza politica tra le due amministrazioni di centrosinistra in questi giorni è più profonda. A creare la lontananza è il problema dei richiedenti asilo. 

Roberto Milan, 42 anni, medico veterinario, sindaco di Bagnoli di Sopra, eletto con una civica di centrosinistra, è quello con il problema più grosso: ha in casa, nell'ex base militare di San Siro a Bagnoli, il secondo centro di prima accoglienza del Veneto (il primo è Cona, oltre 1.000 ospiti) dove vengono smistati i migranti che arrivano con i barconi e dove ogni giorno piovono gatte da pelare. 

L'altro protagonista, Sergio Giordani, 64 anni, imprenditore, da giugno sindaco di Padova (dopo aver battuto il leghista Bitonci) si è trasformato nell'alfiere di un centrosinistra unito, inclusivo e pragmatico: così ieri ha risposto picche alla richiesta formale di Milan di riprendersi 300 profughi che prima erano sistemati nell'ex caserma Prandina di Padova che la precedente giunta leghista (Bitonci) aveva fatto chiudere e che erano in seguito stati trasferiti a Bagnoli. «Un incontro con il collega che me lo chiede lo faccio volentieri - ha detto Giordani - Ma di riprendersi i migranti non se ne parla. Mi dispiace che a Bagnoli abbiano problemi ma non posso risolverli io». Motivo: non insensibilità all'urgenza, ma limiti oggettivi. «Padova sta già ospitando più di quanto dovrebbe - ha spiegato - oggi siamo a 620-630 presenze, la nostra percentuale di accoglienza è di 2,5 ogni mille abitanti: cioè 525. Significa che il limite è stato raggiunto, noi siamo a posto». Guarda caso proprio ieri, anche il ministro dell'Interno, Marco Minniti, sosteneva che «le politiche dell'accoglienza hanno il limite oggettivo, che è la capacità di integrazione. Altrimenti non sono buona politica». Ma Giordani azzoppa anche un altro cavallo di battaglia di parte della sinistra: «I centri,  le grandi concentrazioni non funzionano, creano solo problemi, la soluzione è quella indicata dal Prefetto di Padova: l'accoglienza diffusa (gruppetti di poche persone sistemate dove c'è disponibilità di letti), altri modelli non sono praticabili».

Il sindaco-imprenditore non si spinge a chiedere la chiusura dei centri («non spetta a me»), cosa che significherebbe addentare il pane tradizionale della Lega, ma al rifiuto di prendersi in casa altri immigrati, aggiunge un po' di polemica: «Il collega di Bagnoli che mi pare sia di centrosinistra dovrebbe rivolgersi non a me, ma ai Comuni che non accolgono in particolare ai Comuni governati dalla Lega. Se un paese di mille abitanti ospita dieci profughi, anche meno, non succede proprio niente e il problema dei migranti, che è un dramma epocale, si risolve in modo indolore». 

Milan, finora, non ha replicato. Forse aveva altro per la testa. Ieri è stato pregato di recarsi d'urgenza all'ex base di San Siro dove stava scoppiando l'ennesimo parapiglia: tre africani che erano appena stati sistemati nella cooperativa di un altro piccolo comune confinante, Anguillara, non hanno gradito l'alloggio e di testa loro se ne sono tornati a piedi al centro di Bagnoli dove è scoppiato un caos.

A Bagnoli i richiedenti asilo sono attualmente 730-750. Lunedì scorso in cento hanno bloccato i cancelli per tutta la mattina: volevano che la Prefettura riprendesse i trasferimenti e li mandasse non nei villaggi come loro chiamano gli alloggi recuperati nei comuni della provincia (dove 52 su 103 sindaci e giunte hanno detto no all'accoglienza) ma negli appartamenti di Padova dove ci sono comunità di connazionali. Il Prefetto ha già risposto che «verranno mandati dove si libera il posto» punto e basta. Milan, però, ha il polso del suo paese, poco più di 3.600 abitanti irritati anche da fatti semplici come i ripetuti furti di biciclette, numerosi da quando ha aperto il centro profughi. «La situazione peggiora di giorno in giorno - ha detto preoccupato ieri - Se non si svuota il centro c'è il rischio serio che la situazione sfugga di mano».
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