​«Io, l'inventore del tramezzino. Tutto è cominciato a Mestre...»

Lunedì 18 Giugno 2018 di Edoardo Pittalis
Adriano Anzanello
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«E' come nei cartoni animati: ti si accende la lampadina e inventi!». A lui - Adriano Anzanello - è accaduto almeno un paio di volte, invenzioni da mangiare, ma a modo loro esplosive. È l'inventore del pane per i tramezzini e, infatti, il tramezzino è nato a Mestre, con tanto di certificazione nel Guinnes dei Primati. Poi ha ripreso una vecchia ricetta del padre e inventato morbide strisce di pane che in poco tempo hanno conquistato il mercato, lasciandosi alle spalle i colossi del settore. Anzanello ha battuto Banderas hanno scritto i giornali, alludendo al famoso testimonial della concorrenza. «Sono nato a Treviso, lavoro a Mestre, abito a Padova. Posso considerarmi un uomo fortunato, in certi periodi mi sembra di aver vissuto nel paradiso terrestre».
 Dice che del pane sa tutto. «A cinque anni mi svegliavo alle tre del mattino e scendevo al piano di sotto dove c'era il forno, andavo in mezzo ai lavoranti che facevano il pane, i cornetti ferraresi. Un operaio che si chiamava Settimo mi preparava la pastella per il mio cornetto. Abitavamo a Migliarino dove mio padre aveva il panificio. Fin da bambino ho visto nascere il pane, ne conosco i segreti, il profumo, il sapore, la differenza. Quando ci siamo trasferiti a Mestre avevo già l'età per andare a scuola, ero il più piccolo di tre fratelli. Mia madre diceva che non stavo mai fermo, che ero come il mercurio».
Adriano Anzanello, 74 anni, tre figli che lavorano nell'azienda, un fatturato di 15 milioni di euro, in un anno il 40% in più dopo il successo del nuovo prodotto PanPiuma. Per rispondere alle esigenze del mercato sta raddoppiando lo stabilimento di Marghera e anche i posti di lavoro: «Quest'anno abbiamo fatto 14 milioni di pezzi, la potenzialità totale con i nuovi impianti ci consentirà di fare 40 milioni di pezzi».
Come è cambiato il pane in questi anni?
«Prima tutto era buono, c'era fame. Allora ci bastava il pane comune, acqua, farina, un po' di lievito e un po' di sale, a prezzo calmierato, lo vendevi alle 6 del mattino e alle otto era finito. Solo dopo le otto era consentito produrre pane bianco con lo strutto in aggiunta. Oggi il pane è un grosso complemento del cibo veloce, i consumi del pane confezionato sono molto elevati e sta sparendo il pane tradizionale».
Tutto è incominciato a Mestre?
«Mio padre ci ha dato subito l'opportunità di continuare il lavoro aprendoci un panificio. Mio fratello Natale continua a fare pane. Mestre era una città molto artigiana, i quartieri erano vivi, la forza era nelle fabbriche di Porto Marghera con decine di migliaia di dipendenti. Tutti i panifici servivano le mense interne, noi eravamo i fornitori della mensa della Sava Alluminio, una quarantina di chili al giorno, 400 pezzi di Montasu di un etto ciascuno. C'erano due turni, allora lavoravano 48 ore alla settimana».
Lei dice che si è accesa una lampadina. Quando?
«Proprio cinquant'anni fa, nel 1968, ero appena stato congedato, avevo fatto il servizio militare tra i paracadutisti della Nembo a Villa Vicentina. Al ritorno vedo che la concorrenza è aumentata, occorreva qualcosa di nuovo per emergere. Dietro il mercato di Mestre c'era la rosticceria di Gualtiero Canton, famosa per le mozzarelle in carrozza. Consumava un quintale di carrè al giorno, ma aveva già il suo fornitore: il panificio di via Poerio della famiglia del pittore Candiani, quello che ha dato il nome alla piazza. Ci provo con poche speranze e mentre porto il mio campionario vedo che le donne, su un grande tavolo, prendevano il pane e lo tagliavano una fetta alla volta per poi imbottirlo e fare le mozzarelle. Per tagliarlo dovevano avere il pane raffermo di un giorno, troppo fresco sarebbe stato impossibile».
Allora cosa è successo?
«Torno a casa e capisco cosa devo fare, mi si è accesa una lampadina Mi procuro dal Belgio una taglierina da banco per il pane, in Italia non le fabbricano, e con quel modello corro a Schio dalla Brevetti Gasparini: modifichiamo il carrello in modo da poter tagliare il carrè per lungo. Poi faccio arrivare da Milano uno dei primi grandi congelatori per poter lavorare sul pane fresco di giornata. Il filone veniva messo nella taglierina, si scartavano i due fianchi laterali e restava intatta la mollica. Porto il pane già tagliato a Gualtiero, in poche ore ricevo un nuovo ordine e in serata un altro ancora. Il sabato fornivamo tre quintali di pane, tutta Mestre allora passava da Canton in Calle Allegri per la mozzarella. I giovani arrivavano dopo il Liston».
E il tramezzino come è nato?
«Nei periodi natalizio e pasquale e soprattutto per Cresime e Prime Comunioni, Gualtiero faceva il canapè, la tartina. Era una tradizione, le famiglie ordinavano il canapè e gli aperitivi. C'erano clienti speciali che inventavano, come l'architetto Gianni Caprioglio e le tartine con l'insalata russa. Un anno il periodo di maggior lavoro ha coinciso con i campionati italiani di tiro a segno, Gualtiero era un appassionato e un buon tiratore. Voleva il più in fretta possibile tanto pane già tagliato e così mi venne un'altra idea: perché non provare a tagliare il filone fresco, guadagnando molto tempo? Ho preparato 50 filoni e li ho consegnati. E' stato un successo, era anche nato il tramezzino».
Sicuro che il tramezzino sia nato a Mestre?
«In Italia il lavorato per il tramezzino l'ho inventato io e il primo l'ha fatto Gualtiero. Il panificio in via Monte Nero era piccolo per i molti clienti che venivano da tutto il Veneto, bar di Mestre, di Padova, di Treviso; ho dovuto prendere un capannone in via Torino vicino alla darsena. Con Gasparini abbiamo perfezionato una taglierina a lame incrociate, la prima in Italia: si tagliava in automatico il pane che aveva 22 gradi, senza che prima dovesse passare nelle celle frigorifere. Prima c'erano i cicchetti veneziani, mezze uova sode, acciughe, noi abbiamo cambiato una cucina. Ho inventato il mercato del pane per tramezzini che in Italia vale oltre 50 milioni di euro l'anno. L'invenzione ci è stata riconosciuta, nessun dubbio: Mestre è la capitale mondiale del tramezzino».
E l'ultima idea vincente?
«Nel 2011 un'altra lampadina, devo farmi i complimenti! Lo devo anche alla spinta della mia compagna Carla se mi sono rimesso in gioco. Ecco il PanPiuma che è fatto come tanti anni fa. Lo produceva già mio padre, in maniera tradizionale, con la crosta. Nei primi Anni 50, quando i fornai hanno incominciato a chiudere la domenica, è emersa l'esigenza di dare un pane meno raffermo possibile e si è sostituito lo strutto di maiale con olio d'oliva che era costoso. Mio padre con l'olio era capace di fare un pane a lunga lievitazione, leggerissimo, che lui già chiamava panepiuma. Costava di più, ma restava morbido anche dopo tre giorni. Nel 2011 vedo che non esiste nel mercato un prodotto parallelepipedo così e sempre con gli amici della Gasparini facciamo un nuovo impianto. Questo pane è diventato un grande successo internazionale, una crescita che ci ha spinto a fare ulteriori investimenti».
Oltre al pane, avrà qualche altra passione?
«Amo il mare, ho una barca. Amo lo sport, anche se non gioco più al golf dopo una caduta. Ho gli amici con i quali ceniamo e giochiamo a carte. Sono un tifoso acceso del Milan, ero juventino, ma quando Rivera è passato dall'Alessandria al Milan l'ho seguito. E il basket, siamo tra gli sponsor della Reyer, c'ero alla festa per lo scudetto sul Canal Grande».
Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 13:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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