Bimba nata morta: il ginecologo sotto accusa. Chiesto un milione di risarcimento

Martedì 13 Novembre 2018 di Gabriele Pipia
Bimba nata morta: il ginecologo sotto accusa. Chiesto un milione di risarcimento
MIRANO - «Nostra figlia è nata morta, ma su quella gravidanza chiediamo siano accertate le responsabilità». Il dolore è ancora grande ma una famiglia di Mirano non vuole fermarsi. Chiede quasi un milione di euro di risarcimento a un ginecologo dell'ospedale di Cittadella, all'azienda sanitaria Ulss 6 Euganea e ad una struttura privata di Mirano dove lo stesso medico ha effettuato le proprie visite. La tragedia risale al 2015. La coppia ha già presentato querela per omicidio colposo, accusando il medico di diverse negligenze che avrebbero penalizzato fatalmente la gravidanza. Il procedimento penale è stato archiviato perché non sono stati ravvisati collegamenti diretti tra l'operato del ginecologo e il decesso della bambina, ma ora entra nel vivo il processo per la causa civile. Le parti hanno nominato i consulenti e il 4 dicembre inizieranno le perizie.
 
LA TRAGEDIA
I protagonisti di questa triste storia sono un uomo di Mirano e una donna originaria di Piove di Sacco: all'epoca dei fatti lui ha 51 anni e lei 39. Resta incinta nel novembre del 2014 e, siccome la propria sorella ha avuto due parti prematuri, decide di rivolgersi a uno specialista di gravidanze a rischio. Contatta così il dottor Francesco Di Giovanni, residente a Padova e in servizio all'ospedale di Cittadella, che esercita la professione anche al Punto Medico Mirano. La prima visita viene effettuata alla struttura privata miranese il 19 gennaio 2015. Ciò che accade nei mesi successi è stato messo nero su bianco lo scorso anno con l'atto di citazione.
In primis: «Il dottore non dava alcuna indicazione alla paziente su come comportarsi durante la gravidanza e gestire eventuali abitudini alimentari». Un altro passaggio importante riguarda il 22 giugno, quando vengono svolte nell'ambulatorio di Mirano nuovi esami: «Il medico riferiva che il feto avesse un ritardo nella crescita (...) ma che non vi erano ragioni per preoccuparsi».

L'EPILOGO
Tutto cambia la notte del 30 luglio, quando siamo alla trentasettesima settimana di gravidanza. La donna si sveglia avvertendo lancinanti dolori addominali, la coppia corre al reparto di Cittadella e la signora viene ricoverata. Il racconto delle ore successive è drammatico: «Durante il monitoraggio la donna nota sul monitor una linea continua, che segna l'assenza di battito (...). L'infermiera paventa l'ipotesi che il feto fosse morto da più giorni». Si procede al parto indotto. «Il dottor Di Giovanni - si legge nell'atto - riferisce che il feto presentava due giri di cordone ombelicale intorno al collo». 

LA BATTAGLIA LEGALE
I genitori non sono convinti dell'ipotesi del soffocamento. Interpellano un consulente legale, il dottor Paolo Melloni, secondo il quale ci sarebbero state «due condotte omissive» del medico. «Già nell'ecografia del secondo trimestre si evidenziava una gravidanza a rischio - scrive - In casi come questi è raccomandabile una sorveglianza stretta della gravidanza con monitoraggi frequenti». La coppia presenta querela nei confronti del dottor Di Giovanni per omicidio colposo. Il pm della Procura di Venezia, Paola Mossa, incarica un nuovo consulente tecnico ma a maggio 2017 chiede l'archiviazione: il reato non sussiste perché manca il nesso causale. La donna e il proprio compagno, però, non ci stanno e a luglio 2017 avviano una causa civile: chiedono 932.593 euro. La somma comprende le spese per le visite e per il funerale della bimba, il danno biologico, il danno morale e il danno per la cosiddetta perdita di chance. Chiamano in causa il ginecologo, ma anche l'Ulss padovana e il Punto Medico Mirano «per la responsabilità contrattuale». 
La coppia è difesa dagli avvocati Piero Coluccio e Stefano Tigani, che commenta: «Le consulenze tecniche saranno affidate a super esperti della materia. Speriamo sia accertata la verità legata a questa immane tragedia». Oggi una nuova udienza. 
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