Dipendenti assunti "per finta" e frode fiscale: via un milione a ditta di autotrasporti

Lunedì 29 Ottobre 2018
Dipendenti assunti "per finta" e frode fiscale: via un milione a ditta di autotrasporti
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PADOVA - Nei giorni scorsi, nell’ambito di un’ampia indagine nei confronti di un’impresa di autotrasporti della città del Santo, Finanzieri del Comando Provinciale Padova hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di valori e beni, emesso dal Gip patavino, per un importo complessivo di oltre un milione e trecentomila euro.

Le indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica e condotte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Padova, si sono sviluppate mediante l’esecuzione di ispezioni contabili e documentali, perquisizioni e sequestri probatori, che hanno fatto emergere un’associazione responsabile della commissione di reati di bancarotta fraudolenta nonché di un vasto sistema di frode basato sull’emissione e sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Gli accertamenti esperiti dai finanzieri hanno permesso di riscontrare che la società amministrata dai principali indagati - le persone segnalate all’Autorità Giudiziaria sono complessivamente otto - ha conseguito un ingente risparmio sulle imposte e sul costo del personale, mediante un’artificiosa costituzione di società intestate a prestanome le quali, dopo aver solo formalmente assunto dipendenti in relazione ai cui non venivano versati i previsti contributi previdenziali e aver fatturato le prestazioni di trasporto e logistica senza versarne le relative imposte, cessavano la loro attività operativa entro un breve lasso temporale, per essere poste in liquidazione e quindi fallire.

L’esecuzione del provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria padovana ha consentito di sequestrare i proventi della frode fiscale, individuati nei saldi di dodici rapporti bancari e di conto corrente per un valore complessivo di 1.010.447,10 euro nonché in cinque immobili (tra i quali alcuni agrumeti) per un valore stimato di 314.830 euro, ubicati nella provincia di Messina e intestati a due degli otto indagati. 
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