Fondazione Ometto. La mamma dell'atleta morto a 12 anni: «Oggi aiutiamo gli altri in nome di Carlo Alberto»

Giovedì 25 Gennaio 2024 di Serena De Salvador
Fondazione Ometto.

PADOVA - La sua stanza è rimasta uguale. Con i suoi amati giocattoli tecnologici, il cubo di Rubik risolto centinaia di volte in appena un minuto. C’è tutto, «come se fosse partito per un lungo viaggio». Ma c’è anche il vuoto siderale lasciato da una morte tanto improvvisa quanto inaspettata. Due anni fa, due giorni dopo il malore che lo aveva colto a una corsa campestre a Vittorio Veneto, moriva a 12 anni Carlo Alberto Conte. Una morte straziante, ma da cui oggi gemoglia la vita. Accade attraverso le attività di Fondazione Ometto, l’ente benefico creato dalla mamma Valentina Ometto, sorella di Luca, anche lui tragicamente scomparso nel 2016 a 41 anni per un glioblastoma.

Valentina si commuove nel ricordare, ma insieme si gonfia d’orgoglio per quel ragazzino che in una vita brevissima è riuscito a lasciare un segno profondissimo.


Come è nata l’odierna Fondazione?
«L’abbiamo creata nel 2017 per finanziare la ricerca sul glioblastoma e i tumori cerebrali, che resta un nostro cardine. In particolare sosteniamo la dottoressa Marta Padovan dello Iov e il Progetto Regoma che ha dimostrato l’efficacia del farmaco Regorafenib, che aumenta le possibilità di sopravvivenza nei malati di glioblastoma con recidiva».


Altro focus è la prevenzione degli arresti cardiaci, specie nei bambini...
«Nell’ambito della ricerca sui tumori cerebrali offriamo anche supporto psicologico a malati e familiari e un percorso per il reinserimento nel mondo del lavoro dopo la malattia, ma abbiamo messo a punto moltissime attività anche nella prevenzione degli arresti cardiaci. In Veneto abbiamo già donato più di venti defibrillatori da installare nelle aree all’aperto dove si fa sport e nelle scuole».


Sono i frutti del progetto Piccolo Principe, ispirato a Carlo Alberto. Quali saranno i prossimi passi?
«Non ci fermiamo. In sua memoria vogliamo rendere le nostre città, a partire da Padova, “cardioprotette”. Qui oggi i defibrillatori pubblici sono solo 25. A Treviso, lungo la Restera, ne abbiamo posizionati otto e già una persona è stata salvata: vogliamo fare lo stesso all’argine del Bassanello e la politica, attraverso il consigliere Luigi Tarzia, ci ha già garantito supporto. Abbiamo donato 15 dispositivi alle scuole medie ma vogliamo dedicarci anche alle superiori. E ancora, vogliamo dotare di defibrillatore 40 veicoli di forze dell’ordine e polizia locale. Poi pensiamo anche alle chiese più grandi: a dicembre ne abbiamo forniti due al duomo e alla basilica di Santa Giustina».


Un impegno che non si esaurisce con la donazione...
«Mai! Oltre a donarli e installarli noi sensibilizziamo sull’utilizzarli. I defibrillatori devono esserci, bisogna sapere che vanno usati e come usarli. A febbraio partiranno i corsi di approccio alle manovre di primo soccorso nella nostra sede, aperti a tutti (il 7-14-28 febbraio e 6 marzo, ndr) con il patrocinio di Croce verde. E poi vogliamo organizzare dei concerti per raccogliere fondi e sensibilizzare. Quello di sabato scorso al teatro Verdi con Blubordò è stato un successo. Ma puntiamo anche a Milano e Roma dove vorremmo fare un evento al teatro Sistina. A sostenerci è anche un supporter d’eccezione, l’atleta Marcel Jacobs».


Già, perché Carlo Alberto era atleta delle Fiamme Oro...
«Correva con i loro colori il giorno della tragedia e il gruppo ha partecipato a molte nostre iniziative. Lo hanno ricordato domenica al Cross della vittoria, la gara durante la quale accusò il malore e che gli è stata dedicata».


Quanto Carlo Alberto è l’anima di questo vulcano di iniziative?
«È lui a darmi la forza, mi salva facendomi aiutare gli altri. Ricordo l’ultima volta che mi parlò, il giorno prima della gara. Gli chiesi se mi avrebbe aiutato con la Fondazione, da grande. Mi disse “Certo mamma, ho imparato a scout a fare le raccolte fondi. Ma tu devi fare di più: fai conoscere le attività, diventa brava con i social, crea una grande realtà”. Ha sempre avuto una marcia in più, una visione del futuro incredibile. Oltre a una simpatia innata e alla capacità di aiutare sempre tutti, ciascuno secondo i suoi bisogni. Sono fiera di lui: piango la sua scomparsa, ma sono grata per averlo potuto avere accanto per dodici anni».


Le ha dato la forza di reinventarsi...
«Io sono amante della vita, ho tante risorse, ma non avrei mai pensato di vivere un dolore così. Il vuoto è enorme. So che è tra le braccia della Madonna e che attraverso noi aiuta gli altri: questo ha dato senso alla mia vita».


Sulla tomba c’è la frase “La vita si misura non in durata, ma in intensità...
«Lo rappresenta. Io quel giorno me lo sentivo: non volevo che andasse alla corsa. Quando è uscito sono rimata dieci minuti con la porta aperta. Poi è arrivata la chiamata. Ma oggi so che lui mi ha indicato la via e io non sono che il suo strumento per far del bene».


Come sarà ricordato oggi?
«Lo farà la sua scuola, la Pascoli. E a Santa Giustina alle 18.15 sarà recitata una messa. Ma lui vive nel nostro impegno quotidiano: aspettiamo tutti il 21 aprile alla Padova Marathon e il 5 maggio al Golf della Montecchia per due grandi giornate di sensibilizzazione».
 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci