PADOVA - Il giorno dopo il decreto con cui il tribunale di Padova ha blindato l’iscrizione all’anagrafe della Città del Santo dei bambini con due mamme, tra procura e ministero degli Interni si attende la prima mossa. Da un lato la magistratura padovana è ferma in quanto è atteso a giorni l’insediamento del nuovo procuratore capo e la procuratrice reggente Maria Ignazia D’Arpa non ha voluto per questo muovere alcuna pedina. Anche perché era stata lei stessa - in udienza, una volta ereditato il fascicolo dalla collega Valeria Sanzari, che aveva proposto la cancellazione dallo Stato civile della madre non biologica - a chiedere che la questione subisse uno stop e venisse interessata la Corte Costituzionale. Dall’altro il Viminale (soggetto interessato) sta valutando i margini per fare reclamo in appello e contestare la decisione del Collegio padovano.
IL COMMENTO DELLA PRESIDENTE
«È stata una decisione in rito e non nel merito, che lascia ferme allo stato le iscrizioni sui registri dello stato civile come avvenute ma non decide sul diritto allo status di figli» l’unico commento da parte della presidente del Tribunale di Padova, Caterina Santinello.
IL RUOLO DELL'AVVOCATURA CIVICA
C’è, poi, un risvolto giuridico estremamente interessante dietro la sentenza del tribunale di Padova sulle mamme arcobaleno. Ovvero il ruolo decisivo che ha avuto l’Avvocatura civica del Comune nel procedimento. Lo spiega l’assessore deputato, Diego Bonavina. «Al netto della pronuncia di merito va sottolineato un aspetto di carattere procedurale. Per legge la difesa in giudizio su un tema di carattere nazionale com’era questo è di competenza dell’Avvocatura di Stato che ha il compito di tutelare il sindaco. Nel caso specifico l’Avvocatura di stato aveva una posizione che era evidentemente in contrasto rispetto al pensiero del sindaco Giordani. Per cui ci siamo trovati ad avere un’Avvocatura di stato che doveva difenderlo ma che in realtà era d’accordo con il ricorso della Procura, quindi non ci sarebbe stato il contraddittorio, ovvero una situazione in cui si sostiene una determinata tesi e chi si difende deve andare contro questa tesi per dimostrare qualcosa di diverso. Dunque abbiamo cercato di capire se era possibile metterci, figurativamente, contro l’Avvocatura di stato e difendere così il sindaco spiegando che la situazione è molto particolare perché è una posizione di difesa che è diversa da quella dell’Avvocatura di Stato. L’abbiamo fatto - conclude Bonavina - e ci hanno dato ragione. Perché la difesa dell’Avvocatura del Comune è stata tenuta in considerazione. Questo da un punto di vista procedurale è stata una grande vittoria. Abbiamo dimostrato che l’Avvocatura civica può stare in giudizio unitamente all’Avvocatura di Stato con due posizioni completamente diverse».
Un passaggio sottolineato anche dalla stessa sentenza che ha evidenziato come sarebbe stato impossibile il contraddittorio se, tanto il Comune quanto il Viminale, fossero stati difesi dallo stesso avvocato che avrebbe, a quel punto, giocato in entrambi i ruoli.