L'ex cognato di Maniero abbraccia il carabiniere: pace dopo 40 anni

Lunedì 1 Ottobre 2018 di Maurizio Dianese
Le cerimonia a Saonara in cui è avvenuta la riappacificazione
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MESTRE - Un abbraccio che vale più di mille discorsi tra l'ex bandito della mala del Brenta e l'ex maresciallo dei carabinieri di Legnaro che lo ha perseguitato per una vita. «Ma sempre con grande correttezza. Certo, Giovanni Soldano non mollava mai l'osso. Ogni mattina alle 8 mi suonava a casa e mi diceva: Ma lei oggi, Pastore, non va a lavorare? E come fa a vivere alla grande? Da dove prende i soldi? Ogni mattina. Un giorno mi ha fermato quattro volte nel giro di due ore. Non ne potevamo più. Al punto che gli abbiamo confezionato una cassa da morto con il suo nome scritto sopra. Dovevamo portargliela davanti alla caserma. Non so nemmeno se lui l'abbia mai saputo. Era il periodo in cui Felice Maniero aveva deciso che bisognava dare una lezione ai carabinieri, che ci stavano troppo addosso. Tant'è che Felice ha ordinato di sparare contro la caserma dei carabinieri di Campagna Lupia, io invece alla fine mi sono opposto alla consegna della bara. Ma è vero che era già pronta, dovevamo solo portarla».

LA CERIMONIA Così Giuseppe Riccardo Pastore, ex cognato di Felice Maniero hanno avuto entrambi una figlia da due sorelle Rigato che ieri mattina si è presentato in piazza a Saonara per rendere omaggio personalmente al suo nemico di sempre, quel carabiniere tutto d'un pezzo, ma pieno di umanità, che risponde al nome di Giovanni Soldano il quale assieme al comandante della stazione di Campagna Lupia, Alberto Palumbo, ha avuto il merito di tenere sotto pressione gli uomini della banda di Maniero quando tutti li temevano. L'occasione era la consegna, da parte del Comune di Saonara ma erano presenti tutti i sindaci della zona e pure il sindaco di Campolongo Maggiore, Andrea Zampieri della pergamena che conferisce a Soldano la cittadinanza onoraria. Adesso l'ex maresciallo che per trent'anni ha diretto la stazione di Legnaro è stato chiamato a comandare la stazione di Padova, ma tutta la sua vita è stata segnata dalle vicende della mala del Brenta che da metà anni 80 e fino al 1995 ha imperversato nel Nordest, finché il giudice Francesco Saverio Pavone, sulla base dell'inchiesta messa a punto dalla Squadra Mobile di Venezia diretta da Antonio Palmosi, non ha allestito il maxi processo che ha portato alla condanna di Maniero a 33 anni di carcere. Condanna che ha costretto l'ex boss del Brenta a decidere di collaborare con i giudici. Stesso percorso fatto dal cognato, Giuseppe Pastore, che ieri si è presentato in piazza per rendere omaggio a Giovanni Soldano. Poi ci sono stati i discorsi ufficiali, senza che nessuno ricordasse che Soldano ed altri fedeli servitori dello Stato sono stati determinanti in quegli anni in cui la banda di Maniero era talmente potente da potersi permettere di corrompere giudici, poliziotti e carabinieri. Sono stati pochissimi quelli che hanno tenuto la schiena dritta e per questo va registrata questa sorta di onore delle armi tributata da uno come Giuseppe Pastore che adesso sopravvive a malapena proprio grazie all'aiuto di tanti suoi ex nemici, tra le forze dell'ordine, ma a suo tempo circolava con sacchi pieni di droga e di miliardi di lire in contanti. Senza aver mai lavorato un giorno, come gli ricordava puntigliosamente ogni mattina il suo acerrimo nemico, l'ex maresciallo e ora luogotenente dei carabinieri Giovanni Soldano.

 
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