«Schiavo della coop, pagai 30mila euro. E le aziende sanno»

Mercoledì 9 Gennaio 2019 di Alberto Rodighiero
«Schiavo della coop, pagai 30mila euro. E le aziende sanno»
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«Per farmi venire in Italia la mia famiglia ha pagato quasi 30.000 euro e molti dei miei compagni di viaggio non prenderanno un euro di stipendio fino a che non ripagheranno il loro debito». Anik (il nome è di fantasia) è indiano, è sui 35 anni, è nato in un villaggio minuscolo a un centinaio di chilometri da Madras e vive in Italia da circa 6 anni. Mentre parla, sorseggiando un caffè in un bar dell'Arcella, tiene gli occhi sempre bassi. Il timore più grande, infatti, è quello di essere riconosciuto e che gli intermediari che gli hanno consentito di arrivare a Padova possano vendicarsi con i suoi familiari che ancora vivono in India. Nonostante questo, non rinuncia a raccontare. La speranza di Anik, infatti, è quella che, dopo l'inchiesta della Procura di Pordenone nei confronti di Work Ambiente, cooperativa che per la Finanza fa ancora riferimento al consorzio Work service group con sede a Padova, qualcosa possa finalmente cambiare. 
 
IL RACCONTOAl centro dell'indagine ci sono appalti viziati da fatture false, frode fiscale e, appunto, operai sottopagati se non, addirittura, ridotti in stato di semi schiavitù. «Perché io potessi arrivare in Italia racconta il lavoratore la mia famiglia ha interpellato un intermediario che, sull'unghia, ha preteso 20.000 euro». 
«Questa cifra è una sorta di pacchetto completo che serve per il biglietto aereo, per i vari spostamenti e per il coinvolgimento nell'operazione di alcuni miei connazionali e di alcuni italiani - racconta con un filo di voce Anik Tutti assieme, sfruttando le richieste dei flussi migratori, fanno entrare questi lavoratori. Quando i flussi sono chiusi, si fa ricorso alle domande di lavoro stagionale». 
«So che nel 2011 grazie a questo meccanismo, negli aeroporti di Venezia e Lecce sono arrivate in Italia 700 persone continua il giovane A ricevere questi lavoratori a Venezia ci sono due fratelli del mio mediatore». 
«Per quel che mi riguarda spiega ancora Anik, ormai arrivato al secondo caffè I due fratelli, quando siamo arrivati all'aeroporto Marco Polo, hanno fatto salire me e gli altri miei compagni di viaggio - una ventina di persone in tutto - su dei furgoni e ci hanno distribuiti in alcuni appartamenti trasformati in veri e propri dormitori. Appartamenti che, a quel che mi risulta, sono intestati a dei prestanome». 
L'ARRIVO«Io sono stato portato in una casa a Mestrino dove come me, vivono altre 30 persone continua Sempre a Mestrino mi risulta ci siano altri due alloggi a disposizione dell'organizzazione. Alloggi che possono ospitare altre 20 persone. Un altro appartamento si trova a Vigodarzere». 
Il giovane spiega che attualmente lavora per la cooperativa Work logistica con sede a Padova in via Francesco Scipione Orologio e quello che abbozza è un affresco a tinte decisamente fosche con sfumature che non si discostano troppo da ciò che accadeva nella campagne dell'Alabama nei primi decenni dell'800.
«Se qualcuno di noi, prima di partire dall'India non è in grado di versare la somma richiesta - continua deve lavorare senza stipendio finché non salda il debito e in Italia ha diritto solamente al vitto e all'alloggio. Il giorno della paga, invece, uno dell'organizzazione passa in rassegna tutti gli appartamenti per riscuotere gli affitti». 
I SOPRUSI«Come se non bastasse spiega Anik chi ci ha portato in Italia, non si accontenta dei 20.000 euro richiesti in India. Arrivati qui, ci chiedono altri 8.000 euro, altrimenti non ci danno il nostro permesso di soggiorno». 
«La cosa che mi rammarica di più racconta ancora il lavoratore è che molte importanti aziende fanno ricorso a questa manodopera e chiudono tutti e due gli occhi su una situazione vergognosa.

Mi hanno raccontato, infatti, che uno dell'organizzazione, un paio di mesi fa ha fatto irruzione un magazzino dell'Alta Padovana e ha preso a schiaffi un mio connazionale che non voleva adempiere a un ordine. Il tutto senza che nessuno battesse ciglio. Mi risulta che questo non sia affatto un caso isolato». Nonostante tutto, Anik non rinuncia alla speranza e rivela il suo sogno nel cassetto. «L'anno prossimo mia sorella si sposa - conclude non ho un euro in banca e dubito che mi diano il permesso di tornare in India. Nonostante questo, però, io a qual matrimonio ci sarò». 

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