PADOVA - I giudici della Corte d’Appello hanno confermato la condanna in primo grado per i coniugi “furbetti” dei finti certificati medici. Nel dicembre del 2021, in rito abbreviato davanti al Gup Domenica Gambardella, il poliziotto della penitenziaria Luigi Mollica di 50 anni e la moglie Teresa Scopece di 46 anni, sono stati rispettivamente condannati a un anno e sei mesi, e a dieci mesi. Era stato invece prosciolto il loro medico di base con l’ambulatorio a Cadoneghe, attraverso la formula perchè il fatto non sussiste.
I furbetti dei certificati medici: finte malattie per dedicarsi ad altri affari
Il pubblico ministero Sergio Dini, titolare delle indagini, li aveva portati davanti al giudice per l’udienza preliminare accusandoli a vario titolo dei reati di truffa aggravata e continuata, falso ideologico e violazione della legge sul pubblico impiego. I coniugi, residenti a Cadoneghe, disertavano regolarmente le rispettive occupazioni simulando malattie inesistenti e dedicandosi a tempo pieno alla loro pizzeria d’asporto all’Arcella. Il medico è stato prosciolto perchè anche lui ingannato dalle false malattie di marito e moglie. Per un paio d’anni, dal 2016 e fino al febbraio del 2018, Mollica e Scopece hanno collezionato lunghi periodi di assenza dal lavoro. Lui, agente penitenziario in servizio alla Casa circondariale Due Palazzi, ha giustificato le assenze dal servizio con malattie insussistenti, arrivando addirittura ad attestare la presenza di patologie invalidanti. Mollica non ha praticamente mai messo piede in carcere nell’arco del 2016, totalizzando 300 giorni di assenza. L’anno successivo il totale delle assenze si è fermato a 112 giorni, infine altri 6 giorni tra gennaio e febbraio 2018, cioè fino a quando la Procura non ha aperto un fascicolo a suo carico. L’agente penitenziario ricorreva nella maggior parte dei casi al medico di base, pure lui tratto in inganno, ma all’occorrenza si rivolgeva ai medici di guardia o ai sanitari dell’ospedale militare di Padova, inducendoli anche loro in errore. Anche la consorte Teresa Scopece si comportava allo stesso modo. Impiegata in un’azienda metalmeccanica di Limena, si faceva rilasciare in continuazione certificati medici.