Esce dalla galera e aggredisce il gestore afgano del kebab per mangiare a sbafo

Domenica 22 Agosto 2021 di Serena De Salvador
Il gestore afgano del Fast kebab di Corso del Popolo ha subito la violenta pretesa del nordafricano
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PADOVA - «Mi ha detto che era appena uscito di galera, non aveva soldi e voleva a tutti i costi un panino gratis. Quando gli ho detto che non potevo darglielo prima mi ha morso un dito, poi con una chiave mi ha ferito dietro al collo». A parlare è Hotaki Atighollah, 31enne afghano che gestisce il Fast Kebab di corso del Popolo e che in questi giorni come tanti altri connazionali a Padova è impegnato nella disperata battaglia per portare con sé in Italia, al sicuro, la famiglia che vive a Kabul.

L’ATTACCO
La spiacevole disavventura di cui è stato protagonista alle 11 di ieri nulla ha a che vedere con i suoi recenti appelli per trarre in salvo moglie e figli. Ma è l’ennesimo esempio di una violenza di strada che i commercianti della zona già troppe volte si sono trovati a dover contrastare.
«Era un ragazzo nordafricano, in passato lo avevo già visto altre volte qui in giro. Poi è sparito per un po’: ho scoperto che era finito in carcere, ieri è uscito e ha preteso che gli regalassi un panino. Gli ho mentito dicendo che io sono solo un dipendente e non posso decidere i prezzi, ma che comunque il lavoro va pagato. A quel punto si è infuriato, mi è saltato addosso e mi ha morso un dito.

Io lo ho respinto e con delle chiavi mi ha graffiato dietro al collo prima di scappare. Nulla di serio, sono andato a farmi medicare al pronto soccorso e non sono serviti punti. Ma il gesto è gravissimo».

AMARE CONSIDERAZIONI
Hotaki ha le idee chiare: «Qui ci sono troppi sbandati e persone che vivono sulle spalle della società, che si ritrovano senza lavoro e magari con qualche sussidio e passano le giornate per strada. Quando va bene stanno a bighellonare, quando va male spacciano, rubano, aggrediscono. Dovrebbero essere impiegati per lavori socialmente utili. Padova è una città meravigliosa, frutto di secoli di sacrifici e impegno. Tutti dobbiamo lavorare per migliorarla».

L’APPELLO DELL'AFGANO
Il 31enne vive con angoscia la drammatica situazione in Afghanistan: «Lì ho mia moglie, i miei bambini di 8 e 6 anni e la piccola di 3. Poi ci sono mia madre, le mie sorelle, i miei fratelli e il mio patrigno. Vorrei riuscire a portare qui almeno mia moglie, i bimbi e mia madre. Sono disperati, non possono uscire di casa, i talebani fanno rastrellamenti continui, giustiziano chi collaborava con gli altri Paesi. Noi avevamo una ditta di trasporti, abbiamo sempre lavorato anche con l’Onu, ora la mia famiglia rischia la vita». Il Comune si sta muovendo attraverso l’assessore Marta Nalin per intercedere al Ministero per le famiglie degli afghani che ora vivono a Padova, anche garantendo per loro.

 

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