Viaggio al centro del disastro, fango e macerie: è Rocca Pietore

Martedì 6 Novembre 2018 di Angela Pederiva
Viaggio al centro del disastro, fango e macerie: è Rocca Pietore
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Se esiste un inferno di acqua e di vento, deve assomigliare a Rocca Pietore. Una geenna scavata dal torrente Pettorina, in cui non arde il fuoco ma crollano gli argini, si sradicano gli alberi, cadono i tralicci, si scoperchiano gli edifici, franano i pendii, si interrompono le strade, scoppiano le tubature.

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Tutto insieme e tutto qui, 1.200 abitanti scarsi e 75 chilometri quadrati, distribuiti in 27 villaggi fra cui quel Sottoguda che da un paio d'anni era uno dei Borghi più belli d'Italia e che adesso è un ammasso di fango e di detriti  in cui uomini e benne operano senza sosta, alla ricerca della bellezza perduta dentro l'occhio del ciclone.  

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Ad una settimana dall'immane disastro, i tecnici della Protezione Civile l'hanno detto chiaramente al sindaco Andrea De Bernardin: l'epicentro dell'uragano che ha sconvolto il Bellunese, «un vortice di vento fortissimo abbinato a una pioggia di violenza inaudita», è stato proprio in questo lembo di Dolomiti incastonato fra le pendici della Marmolada e il lago di Alleghe. Delle tre principali frazioni, Laste e Calloneghe hanno riportato danni simili al resto dell'Agordino: boschi schiantati, tetti volati, elettricità saltata, telefonia spenta, viabilità compromessa. 
 



Rocca invece ha subìto il peggio del peggio: tutto come gli altri e, siccome non bastava, pure la cancellazione dell'acquedotto, spazzato via insieme alla strada dei celebri Serrai, una gola lunga e stretta che da Malga Ciapela scende verso valle fra pareti di roccia alte centinaia di metri. I geologi della Regione interpellati dal Comune hanno calcolato che nell'arco di due ore, fra le 18 e le 20 di quel tremendo ultimo lunedì di ottobre, la contemporanea esondazione di tutti i corsi d'acqua presenti in zona ha scaricato su questi paesini qualcosa come 300.000 metri cubi di materiale, di cui un terzo proveniente proprio dal suggestivo canyon, solitamente attraversato da un trenino turistico di cui ora rimane soltanto un cartello pubblicitario desolatamente riverso su un fossato.
L'UNITÀ DI CRISI
Nel minuscolo centro del capoluogo, il municipio è circondato da autolettighe della Croce Verde, camionette dell'Esercito, fuoristrada della Protezione Civile, mezzi dei Vigili del fuoco. All'interno è allestita l'unità di crisi, dove l'infaticabile Rosanna smista il traffico dei residenti che segnalano macerie da rimuovere e allagamenti da prosciugare, dei volontari che si devono accreditare, dei soccorritori che vanno e vengono da ogni dove.
Le lezioni nella vicina scuola elementare sono ancora sospese, perché le aule servono da base logistica per l'emergenza: nel cortile sosta una delle due autobotti da 8.000 e 22.000 litri da cui la popolazione va ad approvvigionarsi di acqua potabile con le taniche, mentre l'androne è stato trasformato in sala mensa per gli addetti. «Per tre volte al giorno spiega il coordinatore Corrado Barzolini diamo da mangiare ad almeno 400 persone. Prepariamo tutto noi, nelle cucine allestite all'asilo di Bosco Verde, grazie anche alla generosità di tanti donatori del circondario che ci riforniscono di pane, pasta, sugo, carne». Le pentole di penne al ragù e i vassoi delle crostate, così come le teglie di roast-beef e i secchi di piselli, vanno su e giù in ambulanza, che per fortuna non serve ad altro, «perché nella catastrofe c'è stato il miracolo: nessun ferito o, peggio ancora, nessun morto».
LA RIPRESA E I LAVORI
Così, seppure lenta e difficile, la ripresa della vita si impone sull'angoscia per la disgrazia. Dopo giorni di chiusura, ha riaperto la gelateria Althea, l'unico bar della piazza. «Mi sono sentito in dovere di ricominciare confida il gestore Claudio Darman perché intorno a me vedevo la gente che si faceva in quattro per gli altri e ho pensato che anch'io nel mio piccolo potevo fare qualcosa di utile. Ho acceso il fuoco nella stube, ho riattivato la corrente con un generatore. Ci manca ancora l'acqua del rubinetto, ma intanto ci arrangiamo con le bottigliette». Nessuno però si illude che sia finita: sulla carreggiata transitano i pickup di aiuti dalla Toscana e dalla Lombardia, in cielo volteggia un elicottero impegnato in un sorvolo, davanti al velomatic sul rettilineo tutto quello che può sfrecciare è uno scavatore utilizzato per smassare i detriti.
Enormi cataste nere di sassi e terra costeggiano i tornanti che si snodano fra Pian, Saviner, Palue, Costa dei Pez. Le ruspe con i cingoli le mordono e con la pala le spostano, ma devono fare slalom tra le conifere abbattute e le masserizie ammucchiate. Fuori dall'hotel-ristorante Marianna giace una distesa informe di arredi e suppellettili, dal seminterrato del residence turistico Sol e Nef è un flusso continuo di legni inzuppati e cartoni fradici, davanti all'albergo Toler è disteso un maestoso abete.
LE TESTIMONIANZE
Nessuno qui ricorda di aver mai visto nulla di simile. Racconta il residente Ilario De Valier: «Quella sera il livello del torrente continuava ad alzarsi, finché gli argini non hanno più tenuto. In più a monte ha ceduto una briglia alta quindici metri, realizzata proprio per fermare i tronchi in caso di alluvione, ma che poco ha potuto contro quella furia». Aggiunge l'albergatore Marco Spagnolli: «Vivo qui da 62 anni, ma il 66 non è stato niente, rispetto a quello che è successo questa volta. Non c'è stata solo l'acqua, c'è stato anche il vento, una combinazione tremenda che ha completamente stravolto la fisionomia del paesaggio per come l'abbiamo conosciuto. Avete presente il gioco dello Shangai? Ecco, è come se una mano dall'alto avesse lasciato cadere un mazzo di bastoncini su un tavolo, solo che quelle bacchette erano i nostri alberi».
IL CONTO
Secondo la stima del sindaco De Bernardin, qui la conta dei danni «rischia di superare i 500 milioni di euro», metà del miliardo ipotizzato dal governatore Luca Zaia per l'intero Veneto.
Per questo in parallelo al conto attivato dalla Regione, il Comune ne ha aperto un altro all'Unicredit, specificamente dedicato a questa Emergenza alluvione Rocca Pietore (Iban: IT 50 J 02008 61000 000105441800).

Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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