ROCCA PIETORE (BELLUNO) - Un mese fa il Veneto cadeva in ginocchio, prostrato come un bambino inerme davanti alla natura spietatamente matrigna.
Alleghe prima-dopo /Foto In 10 giorni tutto pulito. Zaia: «Questo è il Veneto»
L'acqua alta da record a Venezia, il Piave straripato nelle golene del Trevigiano, le foreste schiantate nel Vicentino, ma soprattutto il Bellunese travolto dalla furia della pioggia e del vento: allagamenti, cedimenti, sradicamenti e smottamenti, dunque niente corrente, telefoni, viabilità e acqua.
L'avevamo promesso: torneremo come prima e meglio di prima. Questa è la Sp 49 che da Misurina (Auronzo di Cadore) scende a Carbonin. In 10 giorni, Veneto Strade ha ricostruito la strada. Senza ciacole o piagnistei ma lavorando pancia a terra. È il dna di noi Veneti. pic.twitter.com/1SmIhFjc9z
— Luca Zaia (@zaiapresidente) 26 novembre 2018
Così quattro settimane dopo quel lunedì di tregenda, torniamo a Rocca Pietore, il paese che suo malgrado è diventato il simbolo del disastro e che ora è la fucina del cantiere Dolomiti, dove si lavora a pieno ritmo per transitare dall'emergenza alla ripartenza.
LA GESTIONE ORDINARIAL'ideale passaggio del testimone avverrà proprio oggi: dopo aver allestito l'albero di Natale nel cortile della scuola restituita ai bambini, i Vigili del fuoco delle sezioni operative venete lasceranno la località abbarbicata fra le pendici della Marmolada e il lago di Alleghe, così come nei giorni scorsi hanno fatto anche la Protezione civile e l'Esercito. Esaurita la fase dei soccorsi, comincia infatti quella della ricostruzione. Nel suo ufficio al primo piano del municipio, che dal 29 ottobre è l'imbuto quotidiano di segnalazioni e richieste, il primo cittadino Andrea De Bernardin sembra più spaventato adesso di allora. «Il salto dalla gestione straordinaria al regime ordinario mi fa paura conferma perché siamo in Italia. Finché c'è la sciagura in corso, il sindaco alza il telefono e vede correre tutti, può fare l'ordinanza per chiudere una strada o aprire un negozio, ha la facoltà di dare affidamenti diretti con la somma urgenza. Poi invece si torna alla burocrazia di sempre, con i suoi tempi e i suoi ostacoli. Per questo confido molto nel commissario Luca Zaia e nei dodici soggetti attuatori: i poteri straordinari di cui dispongono saranno fondamentali per aiutarci a risollevarci il più velocemente possibile».
LA RENDICONTAZIONENella stanza di sopra, tre esperti inviati dall'Associazione nazionale Comuni italiani stanno finendo di rendicontare il primo censimento dei danni, quello inviato in Regione per far partire la macchina del fondo di solidarietà dell'Unione Europea: 107.658.000 euro, cioè oltre un decimo del miliardo inizialmente stimato per l'intero Veneto, in un paesino di neanche 1.200 abitanti. Il conto è presto fatto: 4.782.000 per gli immobili privati, 3.316.000 per le attività commerciali, 1.100.000 per gli edifici pubblici, 16 milioni per il patrimonio paesaggistico ambientale (fra cui 140.000 metri cubi di alberi abbattuti: «Serviranno 5.000 camion per portarli via»), altri 10,5 per le reti stradali, 65 milioni per le infrastrutture di prevenzione come briglie e paravalanghe, ulteriori 3,3 per il sistema idrico... «Cifre quantificate per difetto puntualizza De Bernardin perché in certi boschi non siamo ancora riusciti a entrare e molti sentieri sono coperti dalla neve».
I LAVORIIn queste ore splende il sole, ma i fiocchi sono caduti a più riprese in questo mese, dando una mano di bianco al nero dei detriti accatastati, al marrone del pantano ammucchiato, al verde degli abeti divelti. C'è anche dell'arancione, quello delle casacche fluorescenti indossate dagli operai che spuntano da ogni dove, qui con i badili e lì sulle ruspe, per affastellare e spostare i cumuli di massi e di ramaglie che tuttora costeggiano i tornanti fra Laste e Calloneghe, Pian e Palue, Bosco Verde e Costa dei Pez. Ripercorrendo le tortuose strade già imboccate in quei giorni, ritroviamo i luoghi segnati dalla sciagura: il piazzale dell'hotel-ristorante Marianna è stato sgomberato dalle masserizie, la maestosa conifera che giaceva davanti all'albergo Toler è stata rimossa, il residence Sol e Nef è tornato ad affacciarsi su un argine di protezione e non più direttamente sul torrente Pettorina. Il titolare Carlo De Biasio, che insieme alla famiglia gestisce anche La Fosina specializzata nel ferro battuto, non molla un secondo la pala: «Dobbiamo assolutamente riaprire per Natale, perché abbiamo tante richieste. Stiamo lavorando come matti, visto che fra le due attività abbiamo perso almeno 250.000 euro».
L'ACQUEDOTTO E I SERRAIAd incoraggiare la gente di quassù è anche quello che, con un pizzico di amara autoironia, viene definito «il ritorno alla modernità».