Il postribolo dopo il Vajont. Pansa insiste: «Ho visto tutto con i miei occhi»

Martedì 14 Marzo 2017 di Paolo Navarro Dina
Tra Giampaolo Pansa e Mauro Corona polemiche sul caso dei postriboli bellunesi post Vajont
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BELLUNO - Le pagine bollenti sono undici. E già il titolo del paragrafo la dice lunga “Un cinico al Vajont”. E questo uno dei capitoli dell’ultima fatica di Giampaolo Pansa. Nel libro “L’Italia non c’è più. Come eravamo, come siamo" tra i ricordi del giornalista anche la tragedia del Vajont visto con un occhio a dir poco polemico. Come il caso di Belluno che si trasformò in quartier generale dei soccorsi e, come racconta Pansa, anche in una “città del sesso”, con prostitute pronte a soddisfare i molti soccorritori. Molte le polemiche nel Bellunese, e Mauro Corona ha ribattuto: «Porti le prove oppure è solo un espediente pubblicitario».

Ma Pansa conferma ciò che ha scritto, prendendolo dai suoi ricordi.
«Faccio il giornalista dal 1960. Non dico nulla riguardo alle polemiche. Ne ho fatte tante nella mia vita...». Giampaolo Pansa non si meraviglia e non ha bisogno di scusarsi. Anzi. «Ho visto tutto con i miei occhi».

A Belluno se la sono presa...
«Ero un giovane di 28 anni e venni spedito a seguire il dramma del Vajont. Ero un ragazzo sveglio ed energico.
Lavoravo, mangiavo, scrivevo».

E andava a donne.
«E certo se trovavo una ragazza, che mi tiravo indietro? In realtà nel mio libro racconto anche di come si comportarono i giornalisti che furono spediti a Longarone in quell’ottobre del 1963. Come quando Giorgio Bocca tirò una bistecca ad un collega».

Però, Belluno ne esce come un postribolo. Non è carino.
«Ho raccontato le mie esperienza di 54 anni fa. Certo che c’erano le prostitute. C’era una quantità di uomini, tutti soccorritori, da quelle parti che pur qualcuno si sarà dato da fare».



 

Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 16:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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