Travolta da una frana a Rio Gere, arriva il processo bis per la morte della dottoressa Carla Catturani: tre imputati per omicidio stradale

Mercoledì 13 Dicembre 2023 di Olivia Bonetti
Si lavora a Rio Gere teatro della tragedia

RIO GERE (BELLUNO) - Ci sarà il processo bis per la morte della dottoressa Carla Catturani, travolta da una frana a Rio Gere e uccisa a 61 anni la notte del 5 agosto 2017 al volante della sua Toyota. Rinviati a giudizio ieri al termine dell’udienza che si è tenuta in Tribunale a Belluno: la dirigente di Veneto Strade Lara Stefani, 53enne di Pieve (avvocato di fiducia Marco Vassallo di Venezia), l’ex sindaco di Cortina d’Ampezzo Gianpietro Ghedina (avvocato Daniele Grasso), 56 anni (eletto due mesi prima del fatto), e il suo vice e ex assessore comunale alla protezione civile Luigi Alverà (avvocato Ernesto De Toni), 61 anni. Sono tutti accusati di omicidio stradale, in cooperazione colposa ognuno per le proprie competenze per colpa specifica di inosservanza di leggi e regolamenti (in particolare l’articolo 13 del decreto legislativo 285 del 1992 sulle norme per la sicurezza e gestione delle strade). L’accusa sottolinea anche la prevedibilità dell’evento «nella reciproca consapevolezza della necessità di interventi e della mancata attuazione degli stessi».


DI NUOVO IN AULA
A oltre 6 anni da quella morte, dopo una lunga battaglia della famiglia per conoscere la verità di quella notte, tramite gli avvocati Giuseppe Campeis e Carlotta Campeis di Udine, l’incidente e le eventuali responsabilità verranno ricostruite in aula. Era già stato fatto in modo parziale nel primo procedimento che vedeva imputata un’unica persona: Sandro D’Agostini di Feltre, chiamato a rispondere di omicidio colposo, in qualità di dirigente di Veneto strade spa dal 2002 al 2016. Ma il dirigente era al vertice della società che gestisce quella strada in un periodo precedente all’incidente e nulla c’entrava con la vicenda, come è stato appurato nel primo processo che terminò con l’assoluzione (impugnata dalla famiglia sulle sole statuizioni civili). Il processo-bis inizierà il 26 febbraio e vede oltre ai tre imputati e alla famiglia di Carla Catturani parte civile anche una lunga lista di responsabili civili. 


LE PARTI
Ieri nel palazzo di giustizia di Belluno c’è stata l’udienza preliminare di fronte al gip Federico Montalto, con il procuratore generale di Venezia che ha chiesto il rinvio a giudizio e con la costituzione di parte civile della famiglia assistita dagli avvocati Campeis, che hanno chiamato in causa come responsabili civili, enti che dovranno far fronte al pagamento dei danni in caso di condanna. Nel processo quindi ci saranno anche Veneto Strade, il Comune di Cortina d’Ampezzo, e per i funzionari pubblici (ex sindaco e vicesindaco) anche il Presidente del consiglio dei ministri e Ministero degli interni, con l’avvocatura di Stato. Una lunga lista di parti che con i tre imputati sale a 4, oltre alla pubblica accusa che sarà sostenuta in tutte le udienze a Belluno dal procuratore generale di Venezia.


LA BATTAGLIA
Sì perché la famiglia aveva tentato in tutti i modi di avere nuove indagini a Belluno, senza riuscirci e per questo si rivolse alla Corte d’Appello che avocò a sé il caso. Nella primissima inchiesta vennero indagati in 4 (oltre a D’Agostini, c’era l’ex sindaco, Andrea Franceschi, l’ex assessore ai lavori Pubblici, Stefano Verocai, e il comunale Stefano Zardini Lacedelli). Ma le posizioni di ex sindaco, amministratori e tecnico comunale vennero definitivamente archiviate, con un’ordinanza in cui il gip auspicava un approfondimento su altri enti, compreso ancora il Comune. Gli eredi della Catturani, con gli avvocati Campeis, incaricarono un proprio consulente e alla fine presentarono la denuncia, da cui si aprì un altro filone, l’inchiesta bis contro ignoti. Anche questa finì con la richiesta di archiviazione del pm, il sostituto procuratore Roberta Gallego. La famiglia si oppose all’archiviazione e il gip Angela Feletto, emise un’ordinanza in cui ordinò nuove indagini. Ma anche quelle si conclusero con un nulla di fatto. L’inchiesta bis venne aperta dalla Corte di Appello di Venezia che aveva avocato a sé il caso, dopo l’istanza proposta dagli avvocati dei famigliari, che si sentivano inascoltati a Belluno. Sono state fatte le indagini, con perizia articolata e a chiusura la procura generale di Venezia ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre indagati, formalizzato nell’udienza di ieri. 


IL COMMENTO
«Questo rinvio a giudizio segna un’ulteriore tappa di un procedimento che ora vede coinvolti i soggetti che per funzioni e arco temporale avrebbero dovuto garantire la sicurezza stradale e l’incolumità delle persone nonché gli enti che sono responsabili a livello risarcitorio», commenta l’avvocato della famiglia Carlotta Campeis.


LE ACCUSE
La posizione di Laura Stefani viene indicata «in concorso con D’Agostini Sandro», già assolto. Le si imputa di non aver predisposto idonei presidi di allarme e teleallarme esulla strada regionale 48, inclusa nell’area a rischio idorgeologico 4 molto elevato. Sarebbero mancate quindi sirene fari o luci che potessero avvisare gli utenti del pericolo e arrestarli in tempo o almeno 10 metri prima e dopo rispetto all’attraversamento del tombotto a valle dell’imponente distacco franoso.

A ex sindaco e vicesindaco Ghedina e Alverà di non aver deliberato e progettato predisposto e installato una adeguata illuminazione stradale «sia per il transito ordinario che per le situazioni prevedibili perché storicamente ricorrenti di eventi franosi».

Ultimo aggiornamento: 09:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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