Saleh al-Arouri, ucciso a Beirut il numero due di Hamas: ecco chi era la «mente» dell'attacco del 7 ottobre a Israele

Si tratta del dirigente dell'organizzazione palestinese di più alto rango colpito da Tel Aviv dall'inizio dell'operazione militare della Striscia di Gaza

Martedì 2 Gennaio 2024
Saleh al-Arouri, ucciso a Beirut il numero due di Hamas: ecco chi era la «mente» dell'attacco del 7 ottobre a Israele

Saleh al-Arouri è morto nell'attacco israeliano a BeirutNumero due dell'ufficio politico di Hamas dal 2017, tra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam (il braccio armato di Hamas) e membro dell'ufficio politico dell'organizzazione palestinese dal 2010,  era considerato la "mente" della strage compiuta dai terroristi il 7 ottobre in Israele.

Nato ad Aroura, in Cisgiordania, nel 1966, è il dirigente di Hamas di più alto rango colpito dallo Stato ebraico dall'inizio dell'operazione militare della Striscia di Gaza. Il suo volto era apparso accanto a quello del leader Ismail Haniyeh nel video in cui la leadership del movimento palestinese celebrava davanti alla tv la notizia dell'attacco in Israele.

Come confermato da Hamas, al-Arouri è stato ucciso insieme ad almeno altri due comandanti delle Brigate al-Qassam nell'esplosione avvenuta nella periferia sud di Beirut ed attribuita dai media locali a un drone israeliano.

Sulla testa dell'uomo che era considerato anche l'elemento di raccordo di Hamas con Iran e Hezbollah, gli Stati Uniti avevano messo una taglia di cinque milioni di dollari.

Chi era al-Arouri

Al-Arouri era uno dei massimi dirigenti del gruppo islamista in cui militava dal 1987, quando allora studente di diritto islamico all'Università di Hebron guidava il movimento studentesco della formazione palestinese. Venne più volte arrestato da Israele, anche per lunghi periodi, in particolare dal 1985 al 1992 e poi dal 1992 al 2007. Negli anni successivi si trasferì a Damasco, dove entrò a far parte dell'ufficio politico di Hamas guidato da Khaled Meshaal. Quando quest'ultimo lasciò la capitale siriana all'inizio della guerra civile, al-Arouri si spostò a Istanbul, in Turchia, dove rimase fino alla fine del 2015. Da lì si diresse in Libano. Secondo Ynet, la partenza di al-Arouri dalla Turchia fu dovuta al riavvicinamento tra Turchia ed Israele successivo alla crisi della "Freedom Flotilla".

Si ritiene che dal Libano al-Arouri dirigesse le attività di Hamas in Cisgiordania. Il vice di Ismail Haniyeh guidò la delegazione di Hamas nei colloqui di riconciliazione con Fatah e contribuì a negoziare il rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, nel 2011, in cambio della liberazione di 1.027 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane (tra cui Yahya Sinwar e Rawhi Mushtaha). Secondo l'intelligence dello Stato ebraico, oltre ad aver avuto un ruolo in numerosi attentati, fu suo il piano di rapire e uccidere nel giugno 2014 i tre adolescenti israeliani Gilad Shaar, Eyal Yifrach e Naftali Fraenkel.

Nell'ottobre 2017, al-Arouri fu a capo della delegazione di Hamas che in Iran incontrò Ali Shamkhani, allora segretario del Consiglio di sicurezza nazionale della Repubblica islamica. Due mesi dopo, a novembre, ebbe un colloquio con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Entrambi gli incontri segnarono la ripresa delle relazioni di Hamas con l'Iran e Hezbollah, dopo il coinvolgimento degli ultimi due attori nella guerra siriana a sostegno del regime di Assad.

La mattina dello scorso 31 ottobre, le forze di sicurezza israeliane demolirono la sua abitazione a nord di Ramallah, anche se il dirigente palestinese non viveva lì da 15 anni. Pochi giorni prima, nella capitale libanese aveva incontrato Nasrallah ed il leader della Jihad Islamica, Ziyad al-Nakhalah. Dall'inizio della guerra nella Striscia di Gaza, al-Arouri aveva continuato a essere intervistato dai media, in particolare dall'emittente di Hezbollah, Al-Manar, ed Al-Jazeera. In più occasioni sottolineò la determinazione di Hamas nel condurre una guerra prolungata contro Israele, evidenziando il continuo coordinamento tra Hamas, Hezbollah e le altre organizzazioni della «resistenza».

Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 17:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA