Francia, roghi e spari con i kalashnikov: l’assedio non si ferma. Schierati 45mila agenti

In serata i manifestanti si riversano a sorpresa negli Champs Elysées: è la quinta notte di caos

Sabato 1 Luglio 2023 di Francesca Pierantozzi
Francia, roghi e spari con i kalashnikov: l’assedio non si ferma. Schierati 45 mila agenti

A Nanterre è forse il momento più calmo da cinque giorni: il funerale di Nahel.

La cerimonia secondo il rito musulmano si è svolta ieri a metà giornata. Vicino alla salma la madre Mounia e la nonna. Tutta la sua famiglia. E poi centinaia di giovani. Fuori, anzi lontani, i giornalisti e le tv. Fuori anche i telefonini che di Nahel hanno ripreso gli ultimi istanti, quello sparo del poliziotto che gli ha spaccato il torace e che ha incendiato la Francia. «Se fosse tuo fratello faresti un video?», dice un ragazzo togliendo di mano il telefono a un ragazzino. Sono i ragazzi della cité Pablo Picasso, il quartiere di Nahel, ad assicurare una specie di servizio d’ordine. La madre, che giovedì era stata in testa a una marcia bianca, questa volta ha voluto solo i “suoi”, i vicini, gli amici del figlio, gli abitanti di Nanterre. Nessun giornalista, nessun politico. Nessun poliziotto. Ad occuparsi della sicurezza sono degli uomini con la tunica. Quando il corteo funebre si dirige dalla camera mortuaria del Mont Valerian alla moschea di Ibn Badis di Nanterre per la “preghiera dei morti”, si alternano le grida: «Allah Akbar, Dio è grande» e «Justice pour Nahel, Giustizia per Nahel». Sono circa del due e mezzo del pomeriggio. 

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GLI ALTRI FRONTI

A 800 chilometri più a sud, a Marsiglia, sono già ricominciati gli scontri. Stessa cosa a Lione e a Grenoble. È il quarto giorno di rivolta. Ogni sera il bilancio si aggrava, la spirale sembra non fermarsi. Le ultime cifre quelle della notte di venerdì, raccontano di 1300 fermi, un centinaio di poliziotti feriti, 1350 auto bruciate, 266 edifici pubblici incendiati, tra cui 26 municipi e 26 scuole, e di quasi 2600 incendi. Oggi si farà il bilancio della quinta notte d’inferno. Sul campo, a contrastare una rivolta il cui grido è «tutti odiano la polizia», ci sono 45mila uomini. Da due giorni anche i blindati perlustrano le strade delle città più a rischio. Il ministro dell’interno Darmanin ha parlato di una notte, quella tra venerdì e sabato, con segni di “desescalade”. Ma ieri sera, su twitter, l’appuntamento era al cuore della Francia, sugli Champs Elysées. «Basta bruciare le periferie bruciamo Parigi» era uno degli appelli a correre sui social. In serata, l’intero quartiere dell’avenue era blindato e presidiato dalla polizia. Quasi tutti i negozi chiusi, con vetrine protette da portelloni. Completamente paralizzate ieri anche le città di Marsiglia, Lione Grenoble e Strasburgo. Chiusi i negozi, fermi i mezzi pubblici, per cercare di arginare gli attacchi dei “rivoltosi”, gruppi di giovani e giovanissimi che da 48 ore stanno saccheggiando le arterie commerciali. A Lione, il sindaco Grégory Doucet ha chiesto più polizia e ha denunciato «violenze mai viste». 

IL GOVERNO

Ieri mattina a Parigi si è riunita nuovamente la Cellula interministeriale di crisi per coordinare il fronte anti-sommossa. La premier Elisabeth Borne ha dichiarato che la cellula di crisi sarà ormai «attiva in modo permanente» per prendere le «decisioni necessarie». Tra queste, non è escluso ancora lo stato emergenza. Coprifuoco sono già in vigore in molti comuni, che hanno vietato ai minori di sedici anni di circolare dopo le 21 o le 23. Sospeso in tuttala Francia il servizio di mezzi pubblici di superficie (bus e tram) dalle nove di sera. Emmanuel Macron ha deciso di annullare la prevista visita in Germania. Doveva partire stasera fino a martedì, ma ieri ha chiamato il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier e gli ha comunicato la decisione di rinviare il viaggio, «vista la situazione interna» come ha precisato l’Eliseo. Per il presidente si tratta anche di arginare le tensioni politiche. A sinistra si insorge contro i toni considerati “sovversivi” di due sindacati della polizia che l’altro ieri hanno parlato di «una guerra» in corso e avvertito il governo che «la polizia entrerà in resistenza e si dovrà prenderne atto». «I sindacati che parlano di guerra civile devono stare zitti, stanno incitando alla sedizione», ha detto il leader della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon. Ieri il sindacato della polizia Umsa ha poi tenuto a precisare le cose: «Quando diciamo che faremo resistenza – ha detto il delegato Thierry Clair – vuol dire che ci batteremo per una migliore protezione giuridica dei poliziotti». 

Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA