Lo scandalo dei parlamentari che cambiano casacca un festival del trasformismo che va interrotto

Mercoledì 29 Novembre 2017
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Egregio direttore,
non se sia vero, ma seguendo un programma televisivo ho sentito che circa un terzo dei parlamentari italiani eletti nel 2013 ha cambiato almeno una volta gruppo politico. Cioè è stato eletto per un partito ed è passato ad un altro. Mi sembra una cosa incredibile e scandalosa. Mi chiedo come sia possibile. Poi ci sorprendiamo se la gente non va più a votare. Viene da domandarsi: a cosa serve se poi chi è eletto fa quello che vuole?


Angelo Bellini
Treviso


Caro lettore,
è la nostra Costituzione a consentire ai parlamentari di cambiare gruppo politico o di passare dalla maggioranza all'opposizione e viceversa, senza conseguenze alcuna. L'articolo 67 della Carta recita infatti: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Un principio che risale alla Rivoluzione francese e che venne introdotto per tutelare i rappresentanti del popolo ( deputati e senatori nel nostro caso), metterli cioè al riparo da condizionamenti di partito o di gruppi di potere, garantendo loro la massima libertà di giudizio e di voto. Purtroppo molti ne hanno approfittato per fare i saltimbanchi, cioè per passare con grande disinvoltura dai banchi di un partito all'altro, incuranti del mandato affidato loro dagli elettori.

Il record si è raggiunto in questa legislatura. Complessivamente il 35,3 per cento dei parlamentari italiani ha cambiato casacca (il dato è aggiornato a settembre). In totale sono stati 524 i trasferimenti da un gruppo all'altro: 296 alla Camera e 228 al Senato, più o meno 10 al mese. Un vero e proprio festival del trasformismo che ha coinvolto 336 parlamentari, molti dei quali nel corso della legislatura hanno fatto più di un salto di banco, spostandosi da un gruppo all'altro. E' evidente che si tratta di una situazione intollerabile, a cui è necessario porre un freno. Se non con una modifica della Costituzione, almeno con un intervento sui regolamenti parlamentari. Non per limitare i diritti di deputati e senatori, ma, innanzitutto, per rispetto agli elettori, che non possono ritrovarsi a votare qualcuno che poi usa i voti a proprio piacimento e in base ai propri interessi, non a quelli di coloro che dovrebbe rappresentare.
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