Il dietrofront sulla Tav non è solo un problema di costi ma di credibilità dell'Italia in tema di grandi opere

Domenica 29 Luglio 2018
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Egregio Direttore,
Ho sempre pensato che prima di fare una cosa fosse necessario pensare, stendere un progetto e sottoporlo al giudizio e all'approvazione di una commissione tecnica competente, specialmente quando si tratta di realizzare grandi imprese pubbliche ma, una volta presa una decisione, è necessario terminarle per non dilapidare le risorse dei cittadini e non creare discredito nella classe dirigente. In Italia la Tav, il Mose, il Tap della Puglia, l'impianto Siderurgico dell'Ilva, l'Alitalia, che fine faranno? Ci sono certamente dei progetti firmati per la loro realizzazione. Se tutto viene sospeso, chi paga? Lo Stato, si dice, ma lo stato è composto dai cittadini, in genere poveri.
Che ne dice?

Ignazio Zoia 
Scorzè (Ve)


Caro lettore, 
l'abbandono della Tav, che è finanziata per il 40 per cento dalla Ue, costerebbe all'Italia non meno di due miliardi di euro. Perché, anche se nel trattato Italia-Francia non sono previste penali, bisogna pur sempre considerare le spese che il dietrofront comporterebbe e le cause che immediatamente le aziende impegnate nella realizzazione dell'opera (sono stati assegnati appalti per 5 miliardi) farebbero scattare contro il governo. Non solo: il no alla Tav rappresenterebbe un duro colpo per la credibilità dell'Italia. Quale altro Paese sarebbe più disposto a collaborare con noi su una grande opera, con il rischio di ritrovarsi a metà strada con il governo del momento che innesta la retromarcia e manda a monte tutto? E con quale faccia potremmo andare a chiedere all'Europa sostegno e finanziamenti dopo aver buttato al vento gli oltre 4 miliardi di risorse stanziate dalla Ue per la Tav? Oltretutto, come dimostra il sondaggio che abbiamo pubblicato proprio ieri, la quota di opinione pubblica italiana favorevole non solo alla Tav ma anche ad altre grandi opere ( il gasdotto Tap per esempio) è di gran lunga superiore a quella contraria. Consentire, per calcoli elettorali, a minoranze rumorose di avere la meglio e bloccare opere già avviate e fondamentali per il futuro del nostro Paese non è solo sbagliato, ma rappresenterebbe un grave danno per la nostra già fragile democrazia.
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