Quello che resterà del ministro del Lavoro Poletti

Giovedì 30 Marzo 2017
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Egregio direttore,
mi chiedo come possa un Paese avere un ministro del Lavoro che parlando ai ragazzi dice loro che è meglio andare a giocare a calcetto piuttosto che mandare i curriculum alle aziende. Un consiglio veramente illuminato e interessante. Forse voleva essere una declinazione inedita della italica cultura della raccomandazione. Davvero stupefacente. E non è la prima volta che Poletti se ne esce con trovate di questo genere. Non sarebbe il caso di farlo smettere?
Angelo Pavan
Padova

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Caro lettore,
il ministro Poletti è un collezionista di battute infelici. Che lo costringono poi a frettolose, quanto inefficaci retromarce. Forse il suo è un tentativo di svecchiare il linguaggio della politica. Peccato non sia sostenuto da una cultura della comunicazione efficace e all'altezza di tanto ambiziosi propositi. Sostenere, come ha fatto l'altro ieri Poletti, che è più importante andare a giocare a calcetto che mandare un curriculum, può essere, in determinati contesti, una suggestiva provocazione. In bocca a un ministro, del Lavoro perdipiù, suona perlomeno strana e presta inevitabilmente il fianco a polemiche e critiche. Come è puntualmente avvenuto. Dopodiché, mi permetta la franchezza: credo che Poletti passerà alla storia più per la sua inconsistenza come ministro, che per le sue gaffe. A queste si può trovare rimedio, all'inadeguatezza come uomo di governo è un po' più difficile.
Ultimo aggiornamento: 21:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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