L'offerta al parroco in primis agli italiani, prima di condannare proviamo anche a capire

Mercoledì 6 Marzo 2019
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Caro direttore, 
merita veramente un complimento cristiano il parroco di Mira don Gino (Gazzettino 5/3 pg.8). Confratello di un altro sacerdote (veramente cristiano) Don Marco Scattolon, ex parroco di Santa Bertilla in Spinea per tanti anni e ora parroco di Rustega. L'invito rivolto all'ignaro offerente, in primis per i poveri italiani, di venirsi a riprendere l'offerta messa nell'urna è pratica evangelica pura. Può sembrare assurdo ed esagerato ma è veramente così. Chi dona deve donare solo pensando di fare del bene. Non deve preoccuparsi (o indicare) in che direzione vada il bene che vuole fare. Purtroppo le sollecitazioni ad esprimere preferenze di genere di questi tempi non mancano. Se gli attori della attuale società civile proclamano quotidianamente slogan di pura appartenenza in primis, ignorando la compagine sociale reale e purtroppo diversificata, somministrano droga e oppio. E si sa che le droghe, per quanto leggere, producono nel tempo solo danni. Meno male che figure come don Gino e don Marco sono testimoni autentici di un vangelo calato nella vita quotidiana di ogni persona. Impariamo e scostiamoci dalla massa.

Natalino Daniele
Rubano (Pd)


Caro lettore, 
don Gino e don Marco sono sicuramente testimoni autentici del Vangelo. Ma oltre che distribuire complimenti cristiani penso dovremmo anche riflettere e porci, da uomini e cittadini prima che da cattolici, qualche domanda su questa particolare vicenda. Ci è stato insegnato che donare deve essere un gesto disinteressato: la vera carità, mi disse un giorno un sacerdote, apre le braccia e chiude gli occhi. Aveva sicuramente ragione. Ma un parrocchiano di Mira, nel Veneziano, ha invece ritenuto di aprire le braccia (e il portafoglio), ma di non dover chiudere gli occhi e ha chiesto che la sua offerta fosse destinata «in primis agli italiani e agli immigrati per ultimi». Don Gino, il suo parroco, per tutta risposta, giudicando inaccettabile quella richiesta, gli ha restituito i soldi e ha raccontato indignato l'episodio sul bollettino parrocchiale, sottolineando che quella richiesta «non ha niente a che fare con la fede e la vita cristiana». Don Gino poteva anche tenere i soldi e farne l'uso che giudicava più opportuno, destinando il denaro a chi ne aveva effettivamente più bisogno. Ma il punto penso sia un altro. Perchè un cittadino, cattolico e pronto ad aiutare gli altri, decide di fare un gesto di questo tipo? Don Gino se l'è sicuramente chiesto. Non so che risposta si sia dato. Personalmente non conosco quel parrocchiano. Ma prima di condannarlo o di distribuire patenti di vera o falsa cristianità, vorrei ascoltare le ragioni di quella sua scelta e provare a capire. Rifuggendo dagli slogan e da letture troppo semplicistiche della realtà. 
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