Le colpe del padre di Di Maio non ricadono sul figlio. Ma lui non sapeva che cosa avveniva a casa sua?

Martedì 4 Dicembre 2018
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Gentile direttore,
è vero che le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli perché ognuno di noi deve rispondere per quello che fa però l'incongruenza è sul piano etico cioè qui vi è una parte politica che grida allo scandalo invocando onestà ed altri appellativi del genere senza poi specchiarsi quando le vicende la riguardano. Sul piano politico il caso di Maio non è tanto importante per la questione singola ma evidenzia un malcostume presente in tutta l'Italia maggiormente in certe zone cioè la piaga del lavoro nero (aggiungerei anche l'abusivismo) che collegata alla proposta di reddito di cittadinanza certamente non favorirà una corretta applicazione della norma. Di Maio riferisce che contro i furbetti saranno previste pene fino a 6 anni di carcere e qui non si tiene conto dello stato del mondo giudiziario in genere con carenze di organici per giudici, personale amministrativo, guardie carcerarie quindi mancanza di strutture in grado di accogliere questi nuovi potenziali clienti. Per completare l'opera, Di Maio dovrebbe collegarsi con il suo pari ministro Buonafede prevedendo non solo il rafforzamento dei Centri per l'Impiego ma anche il rafforzamento delle strutture giudiziarie e quindi qualche altro miliardo da spendere.

Giuliano R.
Padova


Caro lettore,
suggerirei di lasciar perdere i padri e di concentrarci sui figli. Perché il problema del caso Di Maio (ma vale anche per Renzi e per chiunque altro si sia trovato in situazioni simili) è questo. Se il padre dell'attuale premier ha commesso reati, ha avuto dipendenti in nero o gestito attività in costruzioni abusive e se queste accuse verranno provate, dovrà essere punito in base alle leggi italiane e alle sentenze dei giudici. Per Di Maio junior, che ha scalato le vette della popolarità politica al grido di onestà, onesta, onesta, questa imbarazzante vicenda familiare non sarà certo un successo di immagine. Ma sul piano sostanziale e delle responsabilità politiche o giudiziarie cosa gli si può imputare? Nulla. La questione è però un'altra. Ed è su questo piano che il vice premier dovrà fugare ogni dubbio, rapidamente e senza omissioni. Lui, Di Maio junior, di tutto ciò nulla sapeva? Non ha mai avuto alcun ruolo in quella che, in base gli elementi a disposizione, appare una gestione quantomeno un po' disinvolta dell'azienda di famiglia? Non sono sospetti. Sono semplici domande a cui però chi occupa un ruolo pubblico di primo piano ha il dovere di dare risposte chiare e puntuali.
 
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