Non si può tollerare tutto, una società che non pone limiti è destinata a diventare meno libera

Venerdì 11 Gennaio 2019
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Caro direttore, 
chi difende le tradizioni non si è accorto che negli ultimi decenni, esse sono cambiate in modo tale che i nostri nonni o bisnonni, se venissero al mondo, crederebbero di vivere su un altro pianeta. Prendiamo il Veneto. In questa regione molto legata alle tradizioni, il dialetto è quasi scomparso fra i giovani delle città (resiste di più in provincia, ma è ormai italianizzato); della vera cucina veneta resta poco se la confrontiamo con quella, povera di ingredienti, di cento anni fa; il modo di parlare , di vestire, di divertirsi, di interpretare il mondo e di godere la musica si è ormai mondializzato. Anche il modo di interpretare la morale è cambiato. Oggi non fa più scandalo: chi divorzia o la donna che abortisce (lo permette anche la legge) o chi si sposa solo civilmente; sono diventate di uso comune le esperienze sessuali prima del matrimonio; la non verginità della donna da marito è ormai accettata da quasi tutti i giovani maschi. Anche la religione è diventata più tollerante. Oggi gli atei e gli agnostici non sono più considerati degli indemoniati; l'omosessualità è ormai criticata solo dai retrogradi più ottusi; chi appartiene ad altre religioni è rispettato se non predica la violenza. L'elenco potrebbe continuare, ma mi fermo qui. 


Franco Vicentini
Treviso 


Caro lettore, 
non sarei così negativo. Se c'è un territorio dove l'identità e le tradizioni sono considerati valori da tutelare questo è il Nordest. Altri regioni, peso alla Lombardia, hanno subito un processo di secolarizzazione assai più accentuato. Diverso il discorso sull'evoluzione dei costumi e sulla tolleranza. Progresso e cambiamento non sono sempre sinonimi di miglioramento. Ma alcuni dei mutamenti a cui lei fa riferimento sono da considerare scelte di civiltà. Penso, per esempio, al divorzio o al mutato atteggiamento nei confronti dell'omosessualità. Non credo sia da rimpiangere una società che discriminava, assai più di quanto accade oggi, in base al sesso o alle scelte religiose. La cosiddetta società aperta, non governata cioè da verità assolute, è una conquista da difendere. Innanzitutto da se stessa. E qui sta il problema, che rimanda a quello che il filosofo Karl Popper, il principale teorico della società aperta, definiva il paradosso della tolleranza. Oggi in nome di questo principio si tende a legittimare e giustificare tutto o quasi. Ma una comunità che non pone dei limiti alla tolleranza è destinata a essere essa stessa vittima dell'intolleranza. Occorre quindi fissare degli argini. Ed essere intolleranti nei confronti di chi è intollerante. Solo così possiamo preservare una società aperta e, con essa, le nostre libertà e le nostre tradizioni. 
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