In Italia il merito è coperto da regole opache, per questo molti giovani vanno all'estero

Mercoledì 26 Settembre 2018
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Caro Direttore, in merito all'articolo pubblicato sul Gazzettino di ieri su Jacopo Stella, diventato pilota di aerei a lungo raggio a soli 28 anni ma all'estero, mio nipote Fabrizio ha fatto un simile percorso. Nato a Mestrino in provincia di Padova, si è diplomato all'istituto Natta ed ora è Comandante all'Etihad Airways. I nostri ragazzi sono costretti ad andare a lavorare all'estero dove gli vengono riconosciute le loro capacità al contrario di quanto accade in Italia.
Monica Giacon
Padova


Cara lettrice, l'Italia è spesso descritta come un Paese gerontocratico in cui le relazioni contano sempre molto, il ricambio generazionale procede lentamente e solo per cooptazione, e il nepotismo rappresenta una pratica comune e accettata.
C'è molto di vero in tutto questo. E la storia di Jacopo e anche quella di suo nipote, entrambi diventati giovanissimi piloti d'aereo ma in compagnie straniere, confermano questa amara realtà. La differenza tra il nostro e altri Paesi è racchiusa in una parola: merito. Altrove questo è il principale metro di misura per valutare un professionista e il suo inserimento nel mondo del lavoro. In Italia le capacità contano, ma sono spesso mediate e condizionate da altre valutazioni che talvolta hanno anche il sopravvento: l'età, l'ambiente sociale di provenienza, il sesso, le conoscenze e altro ancora. Siamo, anche in questo, una società opaca, con regole poco trasparenti e dove la discrezionalità ha ampio spazio. Un gruppo di esperti qualche tempo fa ha elaborato una classifica europea della meritocrazia: l'Italia, guarda caso, si collocava all'ultimo posto anche dietro Paesi come Spagna e Polonia e molto distanziata dai paesi scandinavi che occupavano i primi posti. Ecco, forse su questo tema dovremmo davvero cercare di diventare un po' più europei.
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