Daisy, il reinserimento nella vita sociale del papà è la dimostrazione di quanto poco razzista sia l'Italia

Martedì 7 Agosto 2018
Caro direttore, 
il modo in cui, da più parti, si sta tentando di far passare l'atto criminale che ha colpito Daisy, per una goliardata è meschino e vile perché tenta di mitigare il gesto che quei tre ragazzi hanno compiuto, derubricandolo alla solita ragazzata. Niente di più sbagliato! E questo perché? Per tirare l'acqua al mulino del governo? E per fare questo non si esita ad indagare sulla famiglia dell'atleta azzurra, mettendo in risalto tutto quanto di negativo c'è stato nel passato del padre e della madre. Ma Daisy che c'entra? E Daisy cosa ha chiesto? Nulla. Porta alta la bandiera italiana nello sport, dovremmo esserle grati. E invece continua, nei suoi riguardi, la campagna di scherno, quasi di odio sottile, strisciante come se fosse colpevole di qualche cosa. Si fanno i processi alla famiglia mettendola in grave imbarazzo, si punta l'indice contro il padre come se avessero colpa i figli delle mancanze dei genitori. I reati o sono responsabilità personale e non devono mai e poi mai ricadere sui figli. Ma pur di provare la malafede di chi ha visto in questo gesto odioso un atto di razzismo, si cerca il pelo nell'uovo, qualsiasi cosa che possa screditare la vittima mentre i carnefici passano quasi per santi dipinti, poverini! E tutto questo perché? Per compiacere chi? Salvini? DiMaio? Io credo che l'Italia non sia un paese razzista, in generale, per nulla, ma penso che sia sulla buona strada per diventarlo se non si riconosce che tirare qualsiasi cosa contro una persona che se ne va tranquilla per la propria strada e che, guarda caso è di colore, in una zona molto frequentata da persone di colore, se non è razzismo gli somiglia molto.

Mariagrazia Gazzato

Cara lettrice, 
nessuno vuole mitigare la gravità dell'aggressione a Daisy né le responsabilità dei tre ragazzi. Ma ogni fatto va ricondotto alla realtà dei fatti, non piegato ai propri desideri o ai disegni politici. E questo non per compiacere nessuno, ma per rispetto della verità. Che dovrebbe essere alla base di ogni analisi e di ogni confronto politico. Quanto al padre di Daisy, la sua vicenda umana lo ha visto passare da una condanna per traffico di droga (8 anni) al reinserimento nella vita sociale. Un percorso che è la dimostrazione di quanto poco razzista sia il nostro Paese.
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