La memoria è un dovere, non una possibilità Basta non ricordarsene una sola volta l'anno

Sabato 27 Gennaio 2018
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Caro Direttore,
l'esercizio della memoria costa fatica, al punto da chiedersi, come accade sempre più sovente in questi tempi di immediatezze che divengono in un batter di ciglia passato perduto, perché lo si debba fare e se davvero convenga continuare a farlo. Il dubbio che in nessun altro periodo dell'anno ci tange, si ripropone puntuale dal 2005 quando, con la risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite riunite nella 42° sessione plenaria, si decise che il 27 gennaio d'ogni anno fosse il Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell'Olocausto. L'Orrore Massimo a cui la razza umana giunse mallevando Abiezione, Crudeltà ed Abominio contro se stessa. Che convenga farlo, questo faticoso esercizio, l'ha ben stigmatizzato Primo Levi: «Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo», e se la fatica del ricordo per i protagonisti, ormai sempre più radi, lacera ferite mai completamente rimarginate per tutti noi è un indispensabile momento di riflessione su quanto poco ci voglia per deragliare perdutamente verso il nostro inconscio di belve luciferine. «Quegli orrori potrebbero tornare», dichiarava spesso Primo Levi ed io toglierei quel condizionale per sostituirlo, visti certi inquietanti segni, coll'indicativo semplice. E ripenso a quei versi di Alfonso Gatto «...nella pioggia che batte e scioglie i cieli/io penso ai morti./Udranno a lungo i treni/chiamare in sogno le città perdute/e dare ai nomi dell'addio la voce/che resta della sera...». Ricordare, in questo caso, è una fatica indispensabile e la più appagante per dirci uomini.


Vittore Trabucco
Treviso


Caro lettore,
la memoria, per quanto faticosa e tormentata, è un dovere non un'opportunità o una possibilità. Basta però non ricordarsene una sola volta all'anno.
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