Non chiamiamo Cesare Battisti "ex terrorista": la sua arroganza è rimasta quella di un assassino

Venerdì 6 Ottobre 2017
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Egregio direttore,
torniamo a parlare di Cesare Battisti. Non il patriota, ma l'ex terrorista. L'imprendibile ex terrorista rosso che ammazzò, tra gli altri, il macellaio Lino Sabbadin. Sembrava la volta buona. Preso alla frontiera con la Bolivia e arrestato, il suo rientro in patria sembrava finalmente cosa fatta dopo tanti anni. Pare invece che non sia così. Lo ha fatto sapere lui stesso. Pare ci sia un decreto dell'ex presidente brasiliano Lula, oggi in disgrazia, che lo mette al riparo dal rischi di essere fatto tornare in Italia. Voglio proprio sperare che il nostro governo non si faccia intimidire e usi tutte le armi che ha a disposizione perchè questo signore sia riportato in Italia e sconti fino all'ultimo gli anni di carcere a cui è stato condannato. Senza sconti nè buonismo.

Antonio Favin
Padova


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Caro lettore,
come lei anche noi giornalisti continuiamo a definire Cesare Battisti un ex terrorista. Temo che commettiamo un duplice errore. Battisti, per la cui libertà sciaguratamente alcuni anni fa si sono mobilitati noti intellettuali italiani, è un ex solo perchè non milita più in un'organizzazione terroristica clandestina. Ha, come si dice, cambiato vita e anche Paese: per sfuggire alla condanna all'ergastolo ( è colpevole di quattro omicidi) è fuggito all'estero, trovando ospitalità in Brasile. Battisti non è invece un ex terrorista nel senso stretto della parola, perchè non ha mai ripudiato fino in fondo la scelta della lotta armata e non ha accettato di pagare per quello che ha fatto. Soprattutto non è un ex perchè l'arroganza con cui si assumeva il diritto di decidere il destino delle persone, strappando loro la vita, è rimasta intatta. E lo vediamo in questi giorni. Il tono beffardo con cui ha replicato al governo italiano che vorrebbe estradarlo dal Brasile è eloquente. Non temo l'estradizione, sono protetto dal decreto di Lula, ha commentato dopo essere stato arrestato mentre cercava di fuggire in Bolivia dal Brasile. Parole a cui, immaginiamo, avrà fatto seguire un sorriso beffardo. Lo stesso che probabilmente sfoderava quando da membro dei Proletari armati per il comunismo, puntava un'arma contro le sue vittime. Un vero miserabile.
Ultimo aggiornamento: 14:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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