Italia poco accogliente? No, è il Paese in cui più stranieri ottengono la cittadinanza

Sabato 18 Novembre 2017
21
Egregio direttore,
mi permetta di intervenire nel dibattito sullo Ius soli e sulla lettera del signor Pavanello pubblicata ieri.
Dire che le persone normali con cui discute il signor Pavanello non vogliono la legge, non mi sorprende più di tanto in questo Veneto leghista che cerca di far passare questa legge come una sanatoria, quando, invece parliamo di integrazione di figli di immigrati nati in Italia da genitori non comunitari con regolare permesso di soggiorno da almeno 5 anni con un reddito e un'abitazione idonea che parlino Italiano oppure che sono arrivati sotto i 12 anni ma che hanno completato un ciclo di studi di almeno 5 anni. Mi sorprende che la sua risposta dica dovrebbe consentire a chiunque nasca in Italia di diventare cittadino italiano. Non è così.
Inoltre mi permetto di dissentire con lei sui tempi non consoni. Questa legge se è giusta, va fatta. Ci sono scelte che vanno fatte a dispetto dei voti presunti che il centrosinistra perderebbe. Ci sono battaglie sacrosante che vanno combattute e questa è una di quelle.
Alessandro Nart
Venezia

Caro lettore,
conosco i contenuti della legge e rispetto la sua opinione, ma continuo a ritenere questa legge frutto di una scelta essenzialmente ideologica. Alle considerazioni che ho esposto ieri, ne aggiungo altre due. La prima: non si capisce quale sia la necessità della nuova normativa. Anche in assenza dello Ius soli l'Italia è il Paese europeo in cui un maggior numero di stranieri diventa cittadino italiano. Le acquisizioni di cittadinanza sono passate da meno di 50mila del 2011 alle 185mila del 2016. Se limitiamo il confronto al 2015 in Italia sono diventati cittadini 178mila persone (è il 21% del totale europeo) contro le 118mila della Gran Bretagna, le 113mila della Francia e le 110 mila della Germania, dove pure esiste una forma seppur limitata di Ius soli.
Dunque, numeri alla mano, a dispetto di chi descrive l'Italia come un Paese chiuso e poco solidale, siamo già la nazione più aperta alla cittadinanza. È proprio necessario, in una fase storica come l'attuale, creare nuove norme che incentiverebbero l'arrivo di altri immigrati?
Seconda considerazione. Forse dovremmo considerare la cittadinanza non un automatismo, ma un obiettivo: arrivo in un Paese, ne imparo la lingua, ne condivido i valori e al termine di questo percorso chiedo di diventarne cittadino. La vera integrazione non si costruisce con i decreti legge, ma con le scelte concrete, giorno per giorno.
Ultimo aggiornamento: 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci