Giusto criticare l'informazione, ma sapendo che senza giornali e tv saremmo tutti più poveri e meno liberi

Sabato 17 Novembre 2018
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Egregio Direttore,
la democrazia non è un'istituzione che nasce e si afferma. Storicamente si prova che dei popoli è una conquista. Tutto dipende dalla maturità e dal grado di civiltà che il popolo possiede. La nostra (attuale) ha avuto uomini ricchi d'ideali e maestri di politica: De Gasperi, Togliatti, Nenni, La Malfa (padre) Pertini e tanti altri. Poi, quando il naturale ricambio generazionale porta al comando uomini senza scrupoli, avidi di potere e ricchezze, faccendieri e arrivisti, per la democrazia inizia una forma patologica inarrestabile e difficilmente sanabile. La nostra è gravemente malata. Ora, la nostra classe politica e democratica è scossa dal potere della stampa sia scritta che radiotelevisiva. La fine dei partiti, supporto di ogni democrazia, ha diffuso timori e paure. Il popolo non sa chi scegliere perché è disgustato. La stampa, spesso, oltrepassa i limiti della funzione che svolge e, nel reagire, cade nell'errore di tanti altri che ingiustamente la aggrediscono. Questa non è democrazia. Abbiamo tanti giornalisti che svolgono un ruolo apprezzabilissimo. Tanti altri hanno solo la qualifica di giornalisti e tanti fanno da spalla ai comici che non fanno più sorridere nessuno. Eppure una volta i giornalisti erano maestri di cultura, di politica e dottori della loro madre lingua.
Michele D'Adderio
Scorzè (Ve)



Caro lettore,
quando morì Stalin nel marzo del 1953 l'Unità scrisse che era scomparso «l'uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e il progresso dell'umanità». Alcuni anni più tardi, nel giugno del 1977, quando le Brigate rosse ferirono Indro Montanelli, direttore de il Giornale, il Corriere della sera pubblicò la notizia in prima pagina senza però citare il nome di Montanelli, allora inviso agli ambienti di sinistra. Ricordo questi due episodi (ma ne potrei citarne molti altri) perché a tutti noi capita spesso di essere molto generosi quando si ricorda il passato e lo si raffronta con il presente. Il giornalismo, come dimostrano anche gli episodi che ho ricordato, è figlio del proprio tempo. Ne mutua spesso vizi e difetti.
La sua storia è un percorso composto da tante pagine gloriose e prestigiose, ma anche da vergognose omissioni. Oggi la nostra società vive una complessa fase di transizione e di disorientamento. L'informazione è lo specchio di questa stagione.
Fatica a comprendere e interpretare i cambiamenti e in molti casi non resiste alla tentazione di sostituirsi alla politica o di diventarne ancella. È giusto criticarla.
Ricordando però che rappresenta per tutti un grande patrimonio di libertà e di scelta. Da difendere.
Oggi ancora più di ieri.
Ultimo aggiornamento: 14:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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