Violenze e molestie all'università, il 20% degli studenti non si sente sicuro: il report dell'Udu

"Si tratta - dichiara Camilla Piredda, coordinatrice nazionale Udu - di un problema sistemico"

Venerdì 8 Marzo 2024
Violenze e molestie all'università, il 20% degli studenti non si sente sicuro: il report dell'Udu

Le violenze e molestie di genere sono un problema strutturale del nostro Paese e le università non si salvano. L'11 febbraio, l'Udu, Unione degli Universitari, ha lanciato un'indagine nazionale per analizzare il fenomeno: in meno di un mese oltre 1500 risposte e 300 esperienze raccontate. Oltre il 20% dei rispondenti non ritiene le università italiane dei luoghi sicuri, il 34,5% ha sentito parlare infatti di casi di molestia o violenza negli spazi universitari, il 47,4% pensa che il territorio in cui studia non sia per niente o abbastanza attrezzato a ricevere e gestire segnalazioni di violenza o molestia, mentre il 23,5% non sa rispondere. È un quadro 'drammaticò che emerge dal report 'La tua voce contà presentato oggi alla sala stampa della Camera dei deputati dall' Unione degli Universitari, alla presenza di numerosi parlamentari dell'opposizione che sono intervenuti nel dibattito.

E le figure che maggiormente risaltano come coloro che perpetuano molestie o violenze siano proprio i docenti. Per il 48% dei rispondenti sono indicati come i soggetti più pericolosi all'interno degli spazi accademici: oggi le studentesse hanno paura di chi dovrebbe formarle nel loro percorso.

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I luoghi meno sicuri

Alla richiesta di quali fossero i luoghi meno sicuri interni all'ateneo sono stati questi ad esserci stati maggiormente segnalati dal campione esaminato: studi dei docenti (37%), nei luoghi di tirocinio (34,7%), negli studentati (32%), nelle aule dove si frequentano le lezioni (17,4%) e nelle biblioteche (12,4%). Ci sono stati inoltre segnalati altri luoghi (17,4%) come aule studio, spazi esterni all'ateneo, bar, bagni e così via. Coerentemente, infatti, le figure maggiormente individuate come quelle più inclini a perpetuare molestie e violenze sono proprio i docenti per il 48%, i compagni di corso per il 47%, i compagni di studentato per il 32% ed il personale tecnico amministrativo per il 20%.

«Si tratta - dichiara Camilla Piredda, coordinatrice nazionale Udu - di un problema sistemico, della cultura patriarcale in cui viviamo. È un tema che denunciamo da sempre ma che non ha mai avuto ascolto. Abbiamo ricevuto storie di violenza e molestia da chi l'università l'ha fatta negli anni '80: oggi finalmente il problema sta emergendo, grazie anche alle parole di Elena Cecchettin che hanno smosso le coscienze e acceso qualcosa».

I dati

«Purtroppo - continua Piredda - i dati emersi non ci hanno stupito, dimostrano ciò che sapevamo. Le università non sono sicure. Nella maggioranza dei casi le studentesse devono scegliere tra il loro percorso accademico e il diritto di denunciare. Sanno che le denunce non porteranno a nulla, che l'ateneo si preoccuperà sempre più della propria immagine piuttosto che della sicurezza delle studentesse. C'è piuttosto chi si vede costretta ad abbandonare il percorso o cambiare ateneo per la propria serenità. Tutto questo non è normale e lede il diritto allo studio universitario».

Le soluzioni proposte

L'Udu però propone anche delle soluzioni chiare. «Dall'indagine - conclude Piredda - emerge la chiara necessità di introdurre presidi antiviolenza in ogni ateneo, oltre che rendere ovunque obbligatoria la figura della Consigliera di Fiducia. Infatti, la sicurezza a denunciare aumenta al 45% dove i presidi sono già presenti mentre scende al 19% dove non lo sono. Servono inoltre dei percorsi obbligatori per la componente studentesca, docenti e personale di ateneo sull'educazione al consenso. Dobbiamo ripartire dalla prevenzione, serve un cambiamento culturale». L'indagine dell'Udu non si fermerà all'8 marzo: rimarrà aperta per continuare a raccogliere risposte ed avere un quadro più dettagliato della situazione. Il sindacato studentesco nel frattempo porterà le sue proposte in ogni università.

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