Traffico di migranti, 14 arresti in Sicilia: sequestrato tesoro di 3 milioni tra ristoranti e cantieri

Martedì 15 Gennaio 2019
Traffico di migranti tra Tunisia e Sicilia, 14 arresti e sequestri per 3 milioni di euro
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Arresti per traffico di migranti tra la Tunisia e le coste siciliane con gommoni veloci. La Guardia di Finanza ha eseguito 14 provvedimenti di fermo nei confronti di italiani e stranieri. I componenti del clan, capeggiato da un tunisino, sono accusati a vario titolo di sfruttamento dell'immigrazione clandestina, contrabbando di tabacchi lavorati e fittizia intestazione di beni e attività economiche. È in corso anche un sequestro per un valore di 3 milioni di euro.

Sequestrati il ristorante Bellavista di Mazara, una casa bunker a Marsala, un’azienda agricola, un cantiere nautico, due pescherecci e vari conti correnti su cui transitavano in modo vorticoso i profitti dell’organizzazione.

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L'indagine dei finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, in collaborazione con personale dello Scico e dei Comandi Provinciali di Trapani e Agrigento, nonché del Reparto Operativo Aeronavale, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Alcuni indagati sono stati bloccati nel porto di Palermo, mentre erano in partenza per la Tunisia, con denaro contante per oltre 30mila euro. Contestualmente è in corso il sequestro di 3 aziende del trapanese riconducibili al capo dell'organizzazione (un ristorante, un cantiere nautico e una azienda agricola), nonché di diversi immobili, automezzi, due pescherecci, denaro contante e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.

 


Era Fadhel Moncer, tunisino, il capo dell'organizzazione criminale che gestiva i viaggi veloci di migranti. L'operazione della Finanza è denominata "Barbanera" proprio per la caratteristica fisica di Moncer che porta una folta e lunga barba. Secondo i pm Marzia Sabella e Gery Ferrara, che hanno coordinato l'inchiesta, la banda negli ultimi due anni avrebbe gestito decine di traversate verso le coste siciliane e reinvestito i soldi guadagnati in attività economiche intestate a dei prestanome. La caratura criminale di Moncer viene fuori da alcune conversazioni telefoniche intercettate in cui il tunisino ammetteva di aver sollecitato la falsificazione di verbali di arresto e di aver pagato una tangente ai funzionari locali della polizia tunisina della città di Kelibia in occasione del fermo di uno dei suoi complici. Ai migranti fatti entrare in Italia l'organizzazione garantiva la possibilità di un contratto di lavoro fittizio, anche di tipo "stagionale".

Almeno in sette occasioni, oltre ai profughi, sono stati introdotti in Italia tabacchi di contrabbando per centinaia di migliaia di euro. Durante le indagini è stato arrestato per traffico di sostanze stupefacenti uno dei complici di Barbanera preso con 30 chili di hashish al casello autostradale di Buonfornello e due contrabbandieri di sigarette e sono stati sequestrati 360 chili di tabacchi lavorati. Solo la settimana scorsa la Procura di Palermo aveva scoperto un'altra organizzazione criminale che gestiva i viaggi tra il nord-Africa e l'Italia con le stesse modalità.


Fadhel Moncer aveva progettato un attentato dinamitardo a una caserma dei carabinieri. Già arrestato nel 2012 per un traffico di armi e droga tra Francia e Italia, aveva intenzione di far saltare in aria la caserma, solo le manette gli impedirono di portare a termine il piano. «Faccio saltare la caserma, già sto mettendo da parte, ogni volta, uno-due chili... appena cominciano ad essere cinquanta, cento chili, ti faccio sapere com'è... ti faccio spostare tutta la caserma a mare», diceva Moncer non sapendo di essere intercettato. «Arrivo a scoppiare una bomba dietro la caserma dei carabinieri a Marsala, che succede? Sai, gli sbirri scappano da Marsala», spiegava al suo interlocutore. L'arresto però fece saltare il progetto.

Il modus operandi dell'organizzazione criminale. Per le traversate dei gommoni venivano usati natanti «precedentemente introdotti illegalmente a Lampedusa e già sottoposti a sequestro dalle Forze di Polizia». È quanto scoperto dagli inquirenti. Le imbarcazioni sono state «rimesse nella disponibilità dei sodali operanti in Tunisia mediante consegne in mare aperto, per poter effettuare nuovi viaggi», dicono i pm. «I lucrosi traffici - proseguono i pm - hanno consentito al promotore dell'organizzazione criminale di accumulare ingenti capitali illeciti, reinvestiti in un'estesa azienda agricola di Marsala (Trapani), in un cantiere nautico di Mazara del Vallo (Trapani) e in un prestigioso ristorante della stessa città, tutti fittiziamente intestati a terze persone allo scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando». 

Come eludevano i controlli. I trafficanti riuscivano ad arrivare a Lampedusa «eludendo i controlli di Polizia, grazie a sodali in territorio nazionale in grado di indirizzare gli sbarchi su tratti di costa prestabiliti, allo scopo di eludere i controlli e garantire una veloce
«dispersion» sul territorio italiano dei clandestini appena sbarcati.  «Secondo le attività svolte dal G.I.C.O. - Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata, l'organizzazione criminale è risultata in grado di diversificare, sistematicamente, le rotte e le modalità attraverso le quali ha perfezionato i traffici illeciti, sfruttando la prossimità dell'isola di Lampedusa alle coste tunisine, la disponibilità di due pescherecci italiani dislocati sull'isola pelagica, particolarmente attivi sul tratto di mare che separa l'isola italiana dalla costa africana». E ancora: «In un caso è stato possibile accertare che, attraverso l'uso di uno dei due motopesca italiani a disposizione, oggetto di sequestro nell'operazione, i membri dell'organizzazione dislocati a Lampedusa, dopo aver caricato le lance e i motori provenienti da furti perpetrati dagli stessi direttamente sull'isola presso il deposito dei natanti utilizzati dai flussi migratori, avrebbero provveduto a trasferirli su di un motopesca tunisino, armato dall'organizzazione e condotto da uno dei componenti del gruppo criminale, Khair Eldin Farhat (alias Karim), per essere riutilizzati nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, mediante l'uso dei cosiddetti barchini, con cui i migranti vengono trasferiti dai motopesca al largo sino alle coste dell'isola». Dall'attività di indagine coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Palermo, dal Procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai pm Geri Ferrara, Federica La Chioma, Claudia Ferrari, è emerso «come il tunisino Moncer Fadhel, (alias "Giovanni" alias "Boulaya", riconosciuto anche per la caratteristica e folta barba nera), vertice indiscusso dell'organizzazione e responsabile delle componenti criminali rispettivamente operanti in Italia e in Tunisia, abbia nel corso dell'ultimo biennio promosso e diretto una molteplicità di trasporti via mare». Per i pm «la caratura criminale di Moncer Fadhel emergeva, inoltre, da alcune conversazioni telefoniche in cui lo stesso ammetteva di aver, quanto meno in una circostanza, personalmente sollecitato la falsificazione di verbali di arresto e di aver pagato una tangente ai funzionari locali della polizia tunisina della città di Kelibia in occasione del fermo, avvenuto in quell'area, di uno dei sodali dell'organizzazione».

Ultimo aggiornamento: 21:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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