Riina in condizioni gravi, i medici dell'ospedale di Parma: «È a rischio morte improvvisa»

Martedì 11 Luglio 2017
Riina in condizioni gravi, i medici dell'ospedale di Parma: «È a rischio morte improvvisa»
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Da un lato, Totò Riina soffre di una «cardiopatia» di «tale entità da condizionarne ogni attività» e che lo «espone costantemente» al «rischio di morte improvvisa». Dall'altro lato, però, è «vigile e collaborante, discretamente orientato nel tempo e nello spazio». È sulla base di questa relazione dell'ospedale di Parma, dove il "capo dei capi" di Cosa Nostra è ricoverato in regime detentivo del 41 bis, che il Tribunale di Milano, nel processo che lo vede imputato per minacce al direttore del carcere di Opera, ha stabilito che, malgrado la «età avanzata» e le numerose «patologie», il boss ha la «piena capacità di intendere e di volere» e il procedimento deve andare avanti.

I suoi legali, gli avvocati Luca Cianferoni e Mirko Perlino, già dalla scorsa udienza di fine giugno, infatti, avevano provato a chiedere per il boss mafioso lo stop del processo (scaturito da intercettazioni ambientali di 4 anni fa nella casa di reclusione milanese) o in subordine una perizia per valutare la «capacità processuale», ossia di comprendere di essere sottoposto ad un processo. Anche stamani in aula l'avvocato Perlino, insistendo nelle richieste, ha fatto notare che Riina oggi aveva rinunciato ad essere collegato come al solito in videoconferenza per l'udienza, «perché firma le dichiarazioni senza comprenderle». La relazione del primario Michele Riva era stata richiesta dai giudici della sesta sezione (presidente Raffaele Martorelli) al carcere di Parma, dopo l'istanza difensiva, e poi i giudici, al di là del quadro clinico descritto dettagliatamente (Riina è ricoverato nell'ospedale dal 25 gennaio 2016), hanno valorizzato la parte in cui "Totò u curtu" viene definito «vigile» e «collaborante».

Nell'ordinanza il presidente Martorelli ha chiarito che ciò che andava valutato nel processo era la «capacità di stare in giudizio», ossia la condizione «psichica» di Riina, e non questioni sulla salute o sul regime detentivo di cui si sta occupando il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, dopo che la Cassazione ha affermato «l'esistenza di un diritto di morire dignitosamente», spiegando che la Sorveglianza aveva omesso di considerare «il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico».

Nessun dubbio per il vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli: «Totò Riina a rischio morte improvvisa secondo il medico? Non importa, resti in galera fino all'ultimo respiro, seppur curato come è giusto che sia in uno Stato di diritto, ma resti in galera e crepi lì. Lo dobbiamo - aggiunge - alle sue vittime, lo dobbiamo a Falcone e Borsellino, alle loro scorte, agli altri poliziotti o magistrati e a tutte le altre sue vittime». Il processo milanese è stato rinviato al 17 ottobre per sentire Siciliano, parte civile.

Ultimo aggiornamento: 12 Luglio, 13:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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